ventunesimo anno, 5>8 + 13>14 + 17+ 18>21 + 23>25 + 25+ 27>28 maggio 2011, momento maggio
Heiner Goebbels
È musica profondamente e magnificamente inquieta, quella di Heiner Goebbels: anche laddove appare larga e cullante, è sempre pronta a incresparsi e a esplodere. […] Il grande compositore tedesco, uno dei più importanti autori di teatro musicale contemporaneo, venerato e conosciuto all’estero ma, tanto per cambiare, poco noto da noi, sarà uno degli ospiti del prossimo festival di AngelicA, che verrà presentato ufficialmente il 29 aprile prossimo e che si svolgerà a Bologna, Lugo di Romagna e Modena, tra il 5 e il 28 maggio. […] Fu proprio il festival di AngelicA a scommettere per primo in Italia sul compositore di Neustadt. Ci racconta Massimo Simonini, direttore del festival «Conosco Heiner da tanto tempo. Nel 1995 presentammo per la prima volta in Italia i suoi lavori per orchestra, eseguiti dall’orchestra del Teatro Comunale di Bologna, e poi abbiamo continuato a collaborare nel tempo, fino a questi due importanti lavori in prima nazionale».
(Helmut Failoni, Corriere di Bologna, 24 aprile 2011)
I suoni della ricerca tra Heiner Goebbels e le Ocarine di Budrio
Dall’avanguardia norvegese alle Ocarine di Budrio. Dal “no-man show” di Heiner Goebbels alla nuova composizione elettronica di Jim O’Rourke. AngelicA Festival, ventunesima edizione, comincia giovedì e fino al 28 maggio propone appuntamenti di musica contemporanea di ricerca, o meglio incursioni nella musica a 360 gradi.
(Francesca Parisini, La Repubblica Bologna, 30 aprile 2011)
AngelicA Festival
È sempre più internazionale, sperimentale ma curioso delle tradizioni, emozionale e analitico, labirintico e sinergico «AngelicA», festival internazionale di musica. […] Il manifesto racconta bene il festival: è un puzzle che ricompone l’immagine di un uomo senza testa in navigazione su un piccolo motoscafo fiorito come un’aiuola. Molteplicità, contaminazione, ascolto. Lo chiarisce il direttore artistico Massimo Simonini, alla presentazione: «Quando inventammo il festival con Mario Zanzani scegliemmo di non appiccicargli l’etichetta di rassegna di nuove musiche. Abbiamo cercato sempre di esplorare diversità, senza steccati».
(Massimo Marino, Corriere di Bologna, 30 aprile 2011)
«AngelicA»: va in scena il contemporaneo
Bologna città creativa della musica? Con le unghie, con i denti, e con AngelicA, Festival Internazionale di Musica. Pauline Oliveros, Stefano Scodanibbio, Heiner Goebbels sono solamente alcuni dei nomi che infiammeranno questa XXI edizione, in programma dal 5 al 28 maggio tra Bologna, Modena e Lugo.
(Giuliana Sias, L’Unità Bologna, 30 aprile 2011)
AngelicA, illogiche in conclusioni in musica
La casualità, l’irrompere dell’imponderabile nel processo creativo sono elementi caratterizzanti della scrittura nella musica contemporanea. Che, spesso, si allontana dal rigore matematico della composizione, come viene intesa dalle accademie. Questo avviene, ad esempio, attraverso l’improvvisazione, che è confronto tra mondi all’apparenza incomunicabili. E questo succede quando va in scena AngelicA, il festival internazionale di musica arrivato alla ventunesima edizione, in programma in città dal 5 al 28 maggio. E se, d’altro canto John Cage si affidava spesso ai responsi dell’i ching, i vaticini cinesi che offrono, proprio attraverso la tecnica dell’imprevisto, una risposta a ogni quesito, anche Angelica propone interrogativi che solo sul palco troveranno una ‘illogica’ conclusione.
(Pierfrancesco Pacoda, Il Resto del Carlino, 30 aprile 2011)
Goebbels ad AngelicA
[…] una proposta che mantiene la sua unicità in Italia, grazie alla coraggiorsa unione tra ricognizione del nuovo e acuta riflessione sulle esperienze recenti, che – si sa – nell’ambito della musica creativa, non si possono mai dire acquisite.
(Enrico Bettinello, il giornale della musica, maggio 2011)
Angelica. Il festival parte con O’Rourke poi si fa in quattro
Massimo Simonini, il vulcanico direttore artistico di AngelicA, festival che compie 21 anni, prende tutti in contropiede e fa partire la manifestazione stasera […] non con un concerto dal vivo, ma con l’ascolto di una nuova composizione elettronica di Jim O’Rourke.
(Gianni Gherardi, La Repubblica Bologna, 5 maggio 2011)
AngelicA. L’improvvisazione di Pauline Oliveros incontra il sax di Roscoe Mitchell
Quattro storie diverse: due free-jazzmen della scuola di Chicago; una texana che ha unito fisarmonica ed elettronica; un inglese che passa da John Cage a Samuel Beckett. Angelica Festival dà vita a una combinazione che raccoglie – secondo una formata inedita – quattro tra i più importanti improvvisatori, interpreti e compositori del panorama internazionale: tre giorni da stasera a domenica al Teatro San Leonardo di via San Vitale con Pauline Oliveros, Roscoe Mitchell (storico leader dell’Art Ensemble of Chicago), Wadada Leo Smith (altro alfiere della free music chiacoagana) e John Tilbury.
(L’Informazione di Bologna, 5 maggio 2011)
Le vertigini (ipnotiche) di Roscoe
Il suono sembra quello della sirena di una nave persa nella nebbia. Lungo, calmo e insidioso al contempo, ininterrotto, affilato come una prua spacca – ghiaccio, un suono che si ripete senza interruzione e apparentemente uguale a se stesso. Per l’eternità. Un suono che ti entra dentro. Nelle viscere. Che ti fa male e ti fa venire le vertigini. Roscoe Mitchell l’altra sera, ospite del festival di AngelicA, in completa solitudine sul palco del teatro San Leonardo, respirava a ciclo continuo dentro il suo sassofono contralto e con quella luce blu alle spalle, che attenuava, ma solo di poco, la freddezza di quel luogo, sembrava davvero un capitano fiero, sulla tolda della sua nave. Quella nave simile a un animale selvaggio che si risveglia, si muove, ansima lentamente, si conquista lo spazio sonoro, con la prua che taglia il filo dell’acqua e alla fine esce dalla nebbia con un urlo informale, in grado di evocare tutti i linguaggi che Mitchell ha assimilato, metabolizzato e reinventato nel corso della sua lunga carriera. La tensione interiore (ritmica) di quel suono aveva la forza ipnotica di un rito sciamano. Impassibile, immobile questo signore, di sopraffina eleganza (interiore ed esteriore), che ha ribaltato le regole del jazz oramai tanti anni fa con i compagni dell’Art Ensemble of Chicago e con altri eversori, allargava il suono, lo sviava velocemente verso l’altrove, con un controllo dello strumento che solo e soltanto un maestro come lui può avere. Le sue dita non si muovono mai a caso sui tasti dello strumento. Non ci capitano per errore o per provar e a vedere «cosa succede», istinto, pensiero e risultato finale sono sotto il controllo di una ferocia disciplina. Questa è la vera avanguardia, o, forse sarebbe meglio dire, l’avanguardia che piace a noi. E non a caso la tensione si è spezzata quando in un secondo tempo è salita sul palco per dialogare con lui la fisarmonicista (e manipolatrice elettronica) Pauline Oliveros: due universi distanti in cui lei sembra a volte azzardare, «provare » (come dicevamo), mentre lui invece segue una sua coerenza interiore. Inflessibile.
(Helmut Failoni, Corriere di Bologna, 8 maggio 2011)
Quartetto inedito di star per AngelicA
Al culmine di una tre giorni in cui i quattro maestri dell’improvvisazione si sono combinati in diverse formazioni, AngelicA Festival riunisce per la prima volta nella loro carriera Roscoe Mitchell, Wadada Leo Smith, Pauline Oliveros e John Tilbury.
(L’Informazione di Bologna, 8 maggio 2011)
Angelica, note contemporanee fuori sincrono
Massimo [Simonini] è il direttore artistico di AngelicA fin dalle origini e coi suoi programmi ha dato spesso un significato alto all’espressione «creatività dell’organizzatore».
(Giampiero Cane, Il Manifesto, 11 maggio 2011)
Scodanibbio Suite
Scodanibbio […] è il magnifico regista della prossima tre giorni di AngelicA […]. Protagonista (quasi) assoluto delle prime due serate è il contrabbasso, strumento ingombrante che Scodanibbio, come pochi altri, è riuscito a portare oltre i propri limiti, con concerti e performance che tendono intrinsecamente la mano ai sussulti dell’arte d’avanguardia.
(Helmut Failoni, Corriere di Bologna, 13 maggio 2011)
Scodanibbio e i suoi contrabbassi
Un’incursione nel Novecento storico fino alle ultime evoluzioni del contrabbasso. AngelicA ha chiamato Stefano Scodanibbio, autore, performer; ricercatore di labirintiche soluzioni contrabbassistiche (oltre che infaticabile promotore culturale con la Rassegna di Nuova Musica di Macerata), per curare tre tappe del suo lungo maggio musicale: una due giorni bolognese […] e una serata a Lugo di Romagna […], a conferma dell’ormai classica collaborazione tra AngelicA e Lugo Opera Festival.
(L’Informazione di Bologna, 13 maggio 2011)
Il mantra di Terry Riley per otto contrabbassi
Gli otto contrabbassisti del Ludus Gravis Ensemble in abito (informale) scuro, prendono fiato. Lentamente. Come se fossero apneisti, che si stanno ventilando, prima di un tuffo profondo. Di quelli che se non sei concentratissimo, ti devi fermare a metà discesa e risalire. Una luce arancione fa capolino dietro di loro. Archetto in alto, il segnale di Daniele Roccato (che guida l’ensemble) e via. Ci si immerge dentro In C di Terry Riley, capolavoro del 1964 che ha segnato l’avvento del minimalismo come nessun’atra partitura ha saputo fare. Per la speciale occasione del Festival di Angelica, la pagina di Riley è stata (re)inventata per 8 contrabbassi da Stefano Scodanibbio e (re)intitolata in In D. Avevamo già ascoltato la partitura di Riley in diverse versioni (l’ultima nell’esecuzione del Klangforum Wien nel castello di Alois Lageder), ma mai per 8 contrabbassi. La ripetizione ipnotica gioca sui timbri diversissimi che lo strumento riesce ad offrire. Dopo una ventina di minuti in cui la musica gira attorno a quell’apparentemente semplicissimo canone che costituisce l’anima di questa partitura, essa esplode in mille colori. Tra ritmi, contro ritmi, micro variazioni timbriche, dinamiche, il suono dei contrabbassi in momenti diversi richiama per affinità elettive quello dei violoncelli. Questa musica rifiuta climax, l’esplosione orgiastica anelata dall’ascoltatore dopo una ripetizione continua. E come un mantra infinito, solo apparentemente fermo e uguale a se stesso. È il Bolero di Ravel proiettato nelle sfere celesti. Ma il climax non arriva mai, viene solo sfiorato. L’ascoltatore lo immagina, lo attende e la magia alla fine diventa la tensione che gli sale dentro, che prende possesso del suo corpo e della sua mente. Che gli fa perdere la concezione temporale. Perché (forse) è la pulsazione della vita stessa quella che come un metronomo di Foucault scandisce ogni nanosecondo di In C.
(Helmut Failoni, Corriere di Bologna, 19 maggio 2011)
Le note di AngelicA arrivano col vento del nord
I territori sconfinati ed esotici della Norvegia sono al centro di un programma imponente e intensissimo (con diversi set a serata), […] in programma da stasera per tre giorni nell’ambito dell’AngelicA Festival.
(L’Informazione di Bologna, 19 maggio 2011)
Lezione alla Feltrinelli e sul podio a Modena
[Heiner Goebbels] Il 59enne compositore è un autore considerato sì di area colta, ma è forse l’unico ad avere un consenso ed un seguito di critica e pubblico decisamente trasversale. Ma non è la sua prima volta ospite di AngelicA: partecipò al festival nel 1995 mentre nel 2005 fu il protagonista dei “Concerti contemporanei”, straordinari programmi monografici ideati da Massimo Simonini e Mario Zanzani che, oltre al tedesco hanno visto protagonisti in varie città dell’Emilia Romagna anche Stockhausen nel 2004, Coleman nel 2006 e Cecil Taylor nel 2007. Oggi Goebbels torna ad AngelicA Festival per portare due lavori al debutto italiano: Songs of Wars I have seen […] e l’installazione performativa Stifters Dinge (già ospitata in Europa e negli Stati Uniti da realtà di primissimo livello come il Festival d’Avignon e il Licoln Center di New York), che verrà appositamente costruita nella zona industriale di Modena […].
(Gianni Gherardi, La Repubblica Bologna, 24 maggio 2011)
Heiner Goebbels, sintesi musicale per il ventunesimo secolo
AngelicA Festival incontra uno dei più interessanti compositori contemporanei.
(Chiara Sirk, L’Informazione di Bologna, 24 maggio 2011)
Goebbels primo debutto a Modena con le sue canzoni della guerra
È il gran finale per AngelicA, in una collaudata sinergia con la Fondazione Teatro Comunale e il Festival L’Altro Suono.
(Gianni Gherardi, 25 maggio 2011)
L’officina sonora di Goebbels dove la luce fa cantare l’acqua
Quel che è avvenuto nei giorni scorsi a Modena è stata una provvidenziale terapia contro l’invidia. Davvero non pensavamo di diventare invidiosi delle cose belle che altri hanno e noi no. Eppure è successo. In questo nostro paese delle meraviglie, sulla cui nobiltà decaduta la desolazione e la devastazione odierne bruciano come uno sfregio ancor più crudele – sfregio ordito da una cricca che istintivamente percepisce cultura, civiltà e universitas come una minaccia eversiva del suo potere fraudolento, fondato sull’ignoranza – ebbene in questo paese abbruttito la musica è stanca. Il cuore, l’intelligenza sono stanchi. Eppure c’è chi resiste e si ostina a credere che siamo Europa, e a trattare i cittadini di conseguenza, offrendo loro il meglio anziché il peggio. Parliamo di AngelicA, festival di musica che ha chiuso la sua 21a edizione dispensando felicità grazie a Heiner Goebbels, giovane 59enne, compositore o meglio tonkünstler, «artista del suono» o meglio ancora artista tout court. Da anni, a Bologna, AngelicA difende con i denti la sua vocazione per le musiche eterodosse.
(Giordano Montecchi, L’Unità, 30 maggio 2011)
Sul palco recitano le macchine
In epoca barocca i teatranti creavano stupore e meraviglia costruendo macchine scenografiche sofisticate, paradisi artificiali, giardini d’Armida. Oggi non è cambiato nulla o almeno così sembra a chi assiste a Stifters Dinge (letteralmente, «cose di Stifter»), installazione performativa di Heiner Goebbels che, creata a Berlino nel 2007, ha poi girato Europa e Stati Uniti (recentemente anche al Lincoln Center di New York) per arrivare ora a Modena, in un capannone industriale, in prima italiana.
È un’installazione appunto, ma è anche uno spettacolo con la particolarità di utilizzare oggetti di ogni tipo ma neanche un performer. In altre parole un «No Men Show». Ovvero, vi sono pianoforti, tubi, lastre metalliche, piante, piscine d’acqua, luci, fumi, proiezioni, voci campionate ma nemmeno un musicista, un attore, un danzatore.
Il «grande apparatore», cioè chi governa questo complesso, fantastico universo semovente che sembra avere un’anima ed è capace di creare suoni, azione, immagine e colori, è un ipertecnologico cervello informatico debitamente istruito da Heiner Goebbels, compositore tedesco sempre attratto dalle sperimentazioni più spericolate, oggettivamente geniale a suo modo.
In passato ha molto calcato l’acceleratore su temi politici – Brecht e Eisler hanno decisamente segnato il suo orizzonte poetico – poi si è molto dedicato a smontare il «giocattolo» teatro e a rimontarlo in modo originale, cercando di definire ogni volta le funzionalità della musica, della scena, della parola. Recentemente, a Bolzano, aveva scritto una sorta di commedia giocata sull’esplorazione fonetica della parola. Di Stifters Dinge, pagina dal retrogusto ecologico, lo scopo invece è duplice: da una parte, rievocare le descrizioni naturalistiche di Adalbert Stifter, scrittore del periodo Biedermeier (primo Romanticismo tedesco) e il gusto della cosa in sé insita nella sua prosa, invero noiosa come poche nella sua esattezza scientifica; dall’altra, esibire gli oggetti che servono per fare teatro (tra cui un’infinità di citazioni pittoriche e musicali, Bach in particolare) come fossero teatro essi stessi. Ma nessuno segue «lo scopo» di questa creazione quanto la creazione stessa, che oggettivamente ha un grado di sofisticazione stupefacente, da lasciare a bocca aperta. Non solo: i pianoforti (ben cinque) «suonano» da soli una musica che, nei momenti in cui si lascia ascoltare, si rivela piena di invenzione ritmica e timbrica, capace di evocare paesaggi sonori in una gamma che va dal post-industriale al futuristico e capace di una aggressività che fa sembrare roba da educanda il tumf tumf delle discoteche più hard. Il tutto è stato allestito in un capannone alla periferia della città. Caldo e zanzare a parte, un luogo ideale per evocare la suggestione di questi scenari tipo Blade Runner un secolo dopo. Dopo 70 minuti di spettacolo il pubblico, numeroso, ha tributato un lungo applauso a questo «mostro», restando poi a lungo a scrutarne da vicino gli ingegnosi meccanismi. Peccato solo che il «mostro» non fosse stato istruito per ringraziare e adempiere anche il rito dell’ inchino.
(Enrico Girardi, Corriere della Sera, 31 maggio 2011)
Benvenuti a «casa AngelicA», tempio della musica di ricerca
Una bella notizia per la cultura in mezzo a larga mestizia. La musica contemporanea trova una casa a Bologna: il Teatro San Leonardo. In seguito all’assegnazione del bando istituito dal Comune di Bologna per la gestione in comodato d’uso gratuito degli spazi del teatro di via San vitale 63, l’associazione culturale Pierrot Lunaire – che dal 1991 promuove Angelica, il festival internazionale di musica che proprio sabato scorso ha tagliato il traguardo delle ventuno edizioni con un programma di quasi trenta concerti nel corso del mese di maggio – farà del Teatro San Leonardo la sede stabile di quel «laboratorio», di quell’«officina», come dice il direttore di Angelica Massimo Simonini, che «dovrà riportare Bologna al suo ruolo di riferimento per artisti, pubblico, operatori del settore nel mondo della musica di ricerca». Sarebbe felice Mario Zanzani, che fondò AngelicA. «La cerimonia civile del suo funerale fu fatta proprio al San Leonardo, un luogo a lui molto caro. Ricordo perfettamente ancora quando nel ’94 camminando dentro al teatro, ai tempi del grande Leo De Beradinis, dissi a Mario: «Pensa se un giorno potessimo fare le nostre cose qui stabilmente…». Un progetto, quello del San Lonardo/AngelicA, ampio, complesso, articolato, che dovrà far convergere diversi vettori dell’agire musicale: attorno all’asse portante dei concerti – la cui calendarizzazione varcherà i confini del consueto Momento Maggio di AngelicA Festival – ruoteranno iniziative produttive, senza tralasciare un discorso, delicato e avvincente, d’innesco di una biunivoca liaison: «aprire» la musica al pubblico e il pubblico alla musica. Con queste prospettive, il contesto del San Leonardo ha tutte le potenzialità – grazie all’azione di coordinamento di Pierrot Lunaire – per diventare un vero e proprio polo d’attrazione attorno al quale far ruotare la musica di ricerca, un centro che tuttavia sappia mettersi in relazione con le altre importanti realtà e istituzioni, musicali e non, cittadine e regionali, nazionali e internazionali.
(Helmut Failoni, Corriere di Bologna, 2 giugno 2011)
Il San Leonardo diventa la nuova casa di AngelicA
Non ha fatto in tempo a calare il sipario sulla 21esima edizione di AngelicA che arriva una buona notizia. Il festival internazionale di musica progettato dal compianto Mario Zanzani, il cui testimone è ben saldo nella mani di Massimo Simonini, ha finalmente trovato una casa: il Teatro San Leonardo di Via San Vitale 63, che in anni più lontani ebbe l’onore di essere la dimora artistica di Leo De Berardinis. […] Mario Zanzani, ovunque egli sia, ne sarà contento.
(Sabrina Camonchia, L’Informazione di Bologna, 2 giugno 2011)
“AngelicA” ha trovato casa al San Leonardo
È il primo mattone di una vera Casa della Musica: l’associazione Pierrot Lunaire, che da ventuno anni organizza il festival AngelicA, ha vinto il bando per l’assegnazione del teatro San Leonardo, in via San Vitale 63. È la vecchia chiesa sconsacrata in cui mossero i passi Nuova Scena e la Baracca, e dove s’installò il Teatro di Leo. Per i prossimi quattro anni il San Leonardo (e alcuni spazi attigui ai piano superiore) sarà la sede stabile di quel «laboratorio», «un’officina», così immaginata nelle parole stesse de direttore di AngelicA Massimo Simonini […], che sappia diventare il punto di riferimento per artisti, pubblico, operatori del settore nel mondo della musica di ricerca. L’idea di Simonini è trasformare il teatro in «una sala da concerti, una sala prove, uno studio di registrazione, una piccola foresteria»: tutto quel che serve a un artista per fare musica e farla vivere. I concerti di Angelica non si limiteranno allo storico «Momento Maggio» del festival, e le iniziative produttive, dal vivo e discografiche, che ne sono il tratto distintivo, potranno contare su spazi dedicati. Pierrot Lunaire darebbe così vita al primo centro italiano dedicato specificamente alla musica di ricerca.
(La Repubblica Bologna, 2 giugno 2011)
San Leonardo casa della ricerca
Va ad AngelicA la gestione del Teatro San Leonardo: l’associazione Pierrot Lunaire, che da ventun anni promuove il Festival di musica contemporanea, vince il bando del Comune per la gestione della sala di via San Vitale 63 in comodato d’uso gratuito. Il San Leonardo diventa così la sede stabile di quel “laboratorio”, di quell'”officina” (così immaginata nelle parole stesse del direttore di AngelicA, Massimo Simonini) che dovrà riportare Bologna al suo ruolo di riferimento per artisti, pubblico, operatori del settore nel mondo della musica di ricerca. Un progetto ampio, complesso, articolato, che dovrà far convergere diversi vettori dell’agire musicale: attorno all’asse portante dei concerti – la cui calendarizzazione varcherà i confini del consueto “Momento Maggio” di AngelicA Festival – ruoteranno iniziative produttive ( ratto distintivo, tanto sul piano discografico quanto su quello performativo, di questi ventun anni di AngelicA), senza tralasciare un discorso, delicato e avvincente, d’innesco di una biunivoca liaison: “aprire” la musica al pubblico e il pubblico alla musica. Il citato contesto a tutte le potenzialità per diventare un vero e proprio polo d’attrazione attorno al quale far ruotare la musica di ricerca, un centro che tuttavia sappia mettersi in relazione con le altre importanti realtà e istituzioni, musicali e non, cittadine e regionali, nazionali e internazionali.
(Il Resto del Carlino, 2 giugno 2011)
L’orchestra recita bene Goebbels
Il liuto parla di guerra e di rivoluzione, il clavicembalo recita Shakespeare, il violino intona l’elenco degli stati americani. Non ci sono attori, né cantanti, in Songs of Wars I have seen, l’”opera-concert” di Heiner Gobbels che AngelicA Fesival ha avuto il merito di portare per la prima volta in Italia. Il testo di Gertrude Stein che fa da albero ai rami della musica è infatti intonato dai musicisti, anzi dalle musiciste, annidate in due diversi corpi sonori: quello “contemporaneo” della London Sinfonietta e quello “antico” della Orchestra of the Age of Enlightenment. Invenzione fertile, anche se deja vù, grazie alla quale il racconto e le sue parole sembrano nascere “dal” suono, come i ricordi dalle intermittenze del cuore.
(Guido Barbieri, La Repubblica, 4 giugno 2011)