AngelicA
ottava edizione – mamma acustica
Bologna
11>17 maggio 1998
>—> quaderno di AngelicA 8 – 1998
Edilizia e cultura
La via edilizia (o italiana) alla cultura si imbocca quando non si vuole cambiare gli equilibri della politica culturale e si ristrutturano edifici, i cosiddetti ‘contenitori’. I rigori di bilancio richiederebbero tagli in ogni settore ma d’improvviso vengono fuori le risorse per un glorioso investimento che diventa presto il segno di una decisa volontà di dare forza alla cultura. Il recupero di edifici storici, e ce ne sono tanti in pessimo stato, per metterci dentro un museo, una sala di quartiere, un corso di danza o di musica, un centro polivalente, insomma qualcosa che giustifichi i denari spesi nella nobile operazione di conservazione. Alla fine l’edificio è risanato. Non ha grande funzionalità, non è stato pensato per ciò che ci andrà dentro, pesa sul bilancio pubblico per molti miliardi di investimento diretto e per i costi di gestione (personale, materiali, consumi vari, ecc.). Ma i soldi paiono ben spesi, in contenitori scambiati per ‘strutture’ per la cultura. Che richiedono poi un piccolo apparato, un direttore, uno staff, ecc. Così cresce la spesa per la cultura. Pensare un altro modo non vale la pena, lo hanno detto anche i migliori cervelli del paese: i veri talenti artistici vengon fuori comunque.
Un buon equilibrio fra investimento nei cervelli e investimento edilizio pare impossibile in questo paese e in questa città. Non è più chiaro quale sia la funzione pubblica della cultura se tramandare un sapere o costruire mondi per le generazioni future. Per la prima ci sono i ‘contenitori’, per la seconda il mercato che farà la selezione. Ma accettando anche questo punto di vista, il mercato è solo parzialmente il momento della verifica, il mercato è solo l’opinione comune (la materia degi gusti e preferenze ha la stessa realtà economica di un mercato finanziario o dei prodotti da forno) cioè quel che si dice o che i media dicono. A seconda dei punti di vista, attivo o passivo, bisogna decidere ciò che può stare sul mercato e ciò che non può stare, o i tempi di questo confronto; oppure cercare di creare un nuovo mercato e attirare un nuovo pubblico. E in questo l’operare di un’istituzione può essere molto più incisivo e duraturo di un centro sociale (dove oggi circola peraltro più avanguardia che in tutte le istituzioni culturali).
Periodicamente riviste specializzate di musica dedicano servizi giornalistici accurati alla scena musicale bolognese; i commentatori si sorprendono della capacità creativa dei musicisti, dell’estrema variabilità dei gruppi, della vastità e della versatilità dell’ambiente musicale. Non si chiedono però come mai questi musicisti e questi gruppi così interessanti e bravi siano di fatto invisibili, tanto da richiedere periodiche indagini speciali. La scena musicale bolognese è una situazione in movimento continuo, tipica di molte città: a chi ne esce sconfortato corrisponde l’entusiasmo dei nuovi ingressi (dall’università, dal conservatorio, dalla strada e da altre città italiane), ma ha grande fragilità: è una realtà senza alcuna prospettiva professionale, fuori dal mercato o, che è lo stesso, fuori dai media; è una realtà senza pubblico, autoreferenziale per musicisti e compositori. Ed è comunque molto. Ma questa realtà vive nello sdoppiamento fra attività ‘creativa’ e attività che dà da vivere; e così si alimenta anche un certo tipo di radicalismo che tende a ignorare le ‘qualità comunicative’ del lavoro artistico e premiare la semplice ‘appartenenza’ a un gruppo.
Bologna, insieme ad altre otto città europee, sarà capitale della cultura del 2000. Non è una grande occasione (il 2000 sarà una festa per tutti). Ma può servire per migliorare le cose, quelle della musica in particolare, con un buon uso dei fondi a disposizione. Per esempio, l’occasione per le istituzioni di affrontare seriamente il problema dello squilibrio (modo di pensare e di risorse) fra mutevolezza del mondo della creazione artistica e perenne consistenza dell’edilizia.
Mario Zanzani
Necessitate Implora
Angelica ‘98, ottava edizione, Mamma Acustica
Il ‘98 segue un ‘97 tecnologico, dove macchine (campionatori-giradischi-…) e plagio, Canada e Giappone erano protagonisti. Si trattava di un’Angelica Rumorosa, ogni giorno si poteva assistere (non erano i soli ingredienti) a variazioni di ‘rumore’ e continue citazioni. Anche per questo, secondo le tradizioni di Angelica, il ‘98 sarà particolarmente acustico e italiano. Senza tralasciare il resto del mondo, si parte per una gita nel ‘deserto italiano’, continuando il percorso attraverso differenti paesi (Olanda nel ‘96, Canada e Giappone nel ‘97, Italia nel ‘98, Inghilterra nel ‘99, …). Andando a scoprire cosa succede in ambienti poco appariscenti e interessanti. Lavori liberamente concepiti, al di fuori delle correnti principali, ufficiali.
Decontestualizzare è sempre un desiderio forte.
Abbiamo individuato negli anni alcuni ambienti, ambiti musicali che, sembra, si muovono più liberamente e ricercano linguaggi propri, nuovi, cangiando quelli attuali con colori indispensabili per scoprire qualcosa di nuovo, di inesplorato: per cambiare. Tali ambienti in Italia li troviamo nella musica popolare italiana, un antico anarchico campagnolo patrimonio disperso. La musica contemporanea, quella più radicale e/o liberata da se stessa, per sua natura meno costretta di altre musiche a ‘dover piacere’ e quindi forse più libera di scegliere, anche se la tendenza all’allineamento al genere impera.
Si è cercato di mettere in relazione alcuni gruppi da camera che eseguono, quasi divinamente, musica ultra scritta, con certa ‘musica improvvisata da camera’.
C’è un altro ambiente (è stato definito in vari modi ma di fatto non viene praticamente considerato in Italia), aperto nell’ascolto e nel considerare tutto ciò che c’è in musica; forse più giovane; che non è mai riuscito a comunicare pienamente con i linguaggi esistenti in Italia, interessato e curioso al resto del mondo, che ricerca una libertà di espressione, un proprio linguaggio necessario per poter fare musica, per parlare.
Sono state commissionate musiche a compositori che lavorano a Bologna, con qualche piccola eccezione, per l’Orchestra del Teatro Comunale. Le commissioni riguardano una parte di quei musicisti, che abbiamo conosciuto in questi anni, che hanno scritto per gli organici più vari e che non hanno mai preso in considerazione la possibilità di scrivere per un’orchestra, con qualche piccola eccezione, perché remota, impossibile, o non interessante.
Zona dove prevale forse la complessità o la forma più della musica.
Sentire una possibile nuova, originale, musica scritta per orchestra in tempi come questi è molto attraente. Una sorta di ‘Catalogo dei Compositori’ che lavorano a Bologna e dintorni, presentato ad Angelica ‘98 e ‘99.
Una sorta di parola segreta, codice invisibile che indirizzerà o non, ha accompagnato la commissione. Senza aggiungere altro.
L’intenzione è anche di mettere in fessura una porta.
Alla seconda edizione di Angelica, 1992, il contrasto era il codice, pur sembrando più omogeneo il programma, rispetto quest’anno, almeno sulla carta, ogni giorno il suono cambiava radicalmente. Al contrario il programma di Angelica ‘98 cerca di mettere in luce l’armonia, le affinità, o il ‘giusto contrasto’ che c’è tra questi lavori, così diversi, per come sono nati; ma che sembra portino in una stessa direzione.
Piccoli organici ed ensemble, tendenzialmente di natura acustica, si alterneranno fluidamente e simmetricamente, ‘noccioli di bellezza’, cibi tradizionali e macrobiotici si mixano. Spiriti, presenze isolate, credenze insieme. Il miracolo oscilla in cerca di stabilità.
Perché nessuno balla?
Cosa è successo?
Una espressione nuova che porta, indirizza al cambiamento, trasformazio9ne ideale di noi stessi che sentiamo necessaria o corrispondente in quell’istante.
Misha Mengelberg, nel ’96, ci parlava di musica come di qualcosa che dovesse contenere un’invenzione e di varietà come elemento importante per chi fruisce musica e anche per chi la fa. Componenti essenziali per considerarsi vivi, con il desiderio di scoprire, di liberarsi anziché fossilizzarsi. Le politiche musicali attuali non aiutano, per non parlare dei media e del loro comunicare le informazioni, sempre pompato, alla ricerca del dio perduto, dell’ultima star.
Qualcuno ha imparato qualcosa da Misha Mengelberg, dopo tanti anni, dalla sua musica, dalla sua semplicità, serietà, comportamento? A volte mi sembra di no. Spesso. Certo un’espressione del tipo: ‘che matto Misha’ o simile, seppur positiva, non è molto musicale, non sembra fornire elementi per capire, se non condividere o rimanere colpiti da una forma di follia che vediamo liberata quando quella della collettività è spesso segregata. Forse invisibile è il suo insegnamento, come d’altra parte ogni insegnamento per essere compreso in profondità, si potrebbe dire che è invisibile.
Spot: Ebbene esistono degli occhiali, mi hanno riferito, che consentono di sentire ciò che non si vede, forse dovremmo acquistarli, ci aiuterebbe. E’ un prodotto particolarmente consigliato per organizzatori, musicisti, critici e politici.
Parla di ‘giustizia e bellezza’ Stefano Zorzanello nel suo testo introduttivo alla composizione che gli è stata commissionata da Angelica.
Sta scrivendo di ‘musica e democrazia’ Giampiero Cane per il suo prossimo libro.
‘Voglio Miracoli’ cantava il Quartetto Vocale Giovanna Marini.
Dice un souvenir, un souvenir stanco, dal dubbio gusto, acquistato al Lago Santo: “la Poesia della Vita è composta da una sola Parola ‘Mamma”; cosi è scritto, in italiano.
Le relazioni possibili alle quali si cerca di fare attenzione o non è possibile rimanere indifferenti sono tante. Ancora è la trasmissione del sapere fondamentale. Aprirsi non ossidarsi, parole ricorrenti difficili da applicare nella realtà se questa è inaccessibile.
In macchina, andando verso casa, sulla bazzanese, c’è un tornante (?), la curva della Muffa. Il segnale stradale che indica Muffa (località di Crespellano), è stato manipolato, hanno tolto la M di musica, fateci caso. Passa e Soffia.
‘Parole nostre inventate sul lavoro’ dicono le Mondine.
Massimo Simonini
lunedì 11 maggio 1998 – ore 21.00 – Teatro Testoni
> Coro delle Mondine di Correggio (Italia)
Ilde Borrelli, Nerina Fontana, Maria Iotti, Marina Lusuardi, Ivalda Lusuardi, Gina Martinelli, Ester Riccò,Onelia Tavernelli
> Stephen Drury (Stati Uniti)
Stephen Drury pianoforte
musiche di: Frederic Rzewski The People United Will Never Be Defeated! (’75)
36 variazioni su El Pueblo Unido Jamas Sera Vencido!
martedì 12 maggio 1998 – ore 21.00 – Teatro Testoni
> Lucia Bova + Luca Sanzò (Italia)
Lucia Bova arpa; Luca Sanzò viola
musiche di: Fernando Mencherini Survival bag (’92) per arpa; Franco Donatoni Ali (’77) due pezzi per viola;Fernando Mencherini Per la finestra nuova (’93) per viola e arpa
> Aleksander Kolkowski & Media Luz (Inghilterra/Germania)
My Garden Makes Me Glad a Horticultural Melodrama
Phil Minton voce; Matt Wand elettronica; Hugh Webb arpa; Aleks Kolkowski violino; Matthias Bauercontrabbasso
mercoledì 13 maggio 1998 – ore 21.00 – Teatro Testoni
> acco land (Italia)
Claudio Jacomucci fisarmonica; Anne Landa fisarmonica
musiche di: Lucio Garau Clinamen (’96) per due fisarmoniche; Franco Donatoni Feria IV (’97) per fisarmonica;Mario Pagliarani Apparizione di Franz Schubert fra le onde (’97) per due fisarmoniche, conchiglie e nastro
> Gino Robair Singular Pleasures (Stati Uniti)
Gino Robair batteria, oggetti
> Ossatura (Italia)
Elio Martusciello chitarre, materiali preregistrati; Maurizio Martusciello oggetti elettroacustici; Fabrizio Spera batteria, oggetti e corde amplificati, nastri, radio; Luca Venitucci pianoforte, sintetizzatore, batteria elettronica, oggetti
giovedì 14 maggio 1998 – ore 21.00 – Teatro Testoni
> Fausto Bongelli + Massimo Mazzoni (Italia)
Fausto Bongelli pianoforte; Massimo Mazzoni sax soprano e baritono
musiche di: Franco Donatoni Francoise Variationen quarta serie (’89) per pianoforte
Giacinto Scelsi Tre Pezzi (’56) per sax soprano o tenore
Fernando Mencherini Divaricanto 3° (’91-’92) per sax baritono e pianoforte
> Edoardo Ricci + Eugenio Sanna graffi di gatto e urla di cani (Italia)
Edoardo Ricci sax alto, clarinetto basso e contralto, cornetta, oggettistica, voce; Eugenio Sanna chitarra elettrica, oggettistica, voce
> Specchio Ensemble Ash-can School (Italia)
Guglielmo Pagnozzi sax alto, clarinetto; Edoardo Marraffa sax tenore;
Alberto Capelli chitarra elettrica e acustica; Riccardo Pittau tromba; Fabrizio Puglisi pianoforte; Vincenzo Vasi basso elettrico; Mirko Sabatini batteria; Lullo Mosso contrabbasso; Francesco Cusa batteria; Domenico Caliri direzione, composizioni
venerdì 15 maggio 1998 – ore 21.00 – Teatro Testoni
> Salvatore Sciarrino Vanitas (Italia)
Natura morta in un atto per voce, violoncello e pianoforte
Sonia Turchetta mezzosoprano; Rocco Filippini violoncello; Oscar Pizzo pianoforte; Sergio Rossi light designer
> Greetje Bijma Solo (Olanda)
Greetje Bijma voce
> Greetje Bijma + Louis Andriessen Grand Duo (Olanda)
Greetje Bijma voce; Louis Andriessen pianoforte
sabato 16 maggio 1998 – ore 21.00 – Link *
> Rudiger Carl + Hans Reichel Buben plus (Germania)
Rudiger Carl clarinetto, fisarmonica; Hans Reichel chitarra elettrica, daxophone
> Quartetto Vocale Giovanna Marini (Italia)
Partenze vent’anni dopo la morte di Pier Paolo Pasolini
Patrizia Bovi, Francesca Breschi, Patrizia Nasini, Giovanna Marini
domenica 17 maggio 1998 – ore 21.00 – Teatro Comunale
> Orchestra del Teatro Comunale di Bologna diretta da Stephen Drury (Stati Uniti)
– Tutti i cappotti (’93) per orchestra, Fernando Mencherini
– Anachronie I (’66) per orchestra, Louis Andriessen
– Portal (’94) per clarinetto e orchestra, Franco Donatoni
solista: Gary Gorczyca clarinetto in sib, piccolo, basso (Stati Uniti)
– c, b, a (variati), Lucio Garau
– Danae, Paolo Grandi
– il tempio delle nudità, Olivia Bignardi
– il ghiaccio, il calore, l’autunno, il tessuto, Giorgio Magnanensi
domenica 17 maggio 1998 – ore 23.30 – Link* (Sala Bianca)
> IMPRObabile (Italia, Germania, Inghilterra, Stati Uniti)
Rüdiger Carl clarinetto, fisarmonica; Aleks Kolkowski violino; Elio Martusciello chitarre, materiali preregistrati; Maurizio Martusciello oggetti elettroacustici; Hans Reichel chitarra elettrica, daxophone; Edoardo Ricci sax alto, clarinetto basso e contralto, cornetta; Eugenio Sanna chitarra elettrica; Fabrizio Spera batteria, oggetti;Gino Robair batteria, oggetti; Fabrizio Puglisi pianoforte; Guglielmo Pagnozzi sax alto, clarinetto; Luca Venitucci fisarmonica, sintetizzatore; Matt Wand elettronica
VIDEO:
sabato 16 maggio 1998 ore 21 e 24.00 – domenica 17 maggio ore 24.00 – Link (Sala Blu)
> Angelica ’96 secondo Sergio Smerieri (~30 min.)
INCONTRI & ASCOLTI:
venerdì 15 maggio 1998 – ore 12.00 – Palazzo dei Notai
> Louis Andriessen
sabato 16 maggio 1998 – ore 12.00 – Palazzo dei Notai
> Giovanna Marini
conduce: Franco Fabbri
sabato 16 maggio 1998 – ore 15.30 – Palazzo dei Notai
> La musica e il malloppo
perchè mai le faccende di casa sembrano sempre prendere una brutta piega
a cura di: Giampiero Cane, Giordano Montecchi, Roberto Verti
Luoghi
Teatro Testoni via Matteotti 16, Bologna
Teatro Comunale Largo Respighi 1, Bologna
Link via Fioravanti 14, Bologna
Palazzo dei Notai via de’ Pignattari 2, Bologna
Partner
Associazione Culturale Pierrot Lunaire
CIMES – Centro Interfacoltà Musica e Spettacolo dell’Università degli Studi di Bologna
con il sostegno di
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI – Dipartimento dello spettacolo
REGIONE EMILIA ROMAGNA – Assessorato alla Cultura
COMUNE DI BOLOGNA – Settore Cultura
CONSORZIO CITTÀ-UNIVERSITÀ di Bologna
con l’aiuto di
LINK Project
S.M.P. – Sistemi Metodologie Progetti
con la collaborazione di
Ambasciata di Olanda
Goethe Institut Roma
The British Council
con la partecipazione di
Radio Città del Capo
Radio Citta 103
Radio K Centrale
La Repubblica
CMR Centro per la Musiche di Ricerca
Building and Culture
What usually happens when no one really wants to change the balance of cultural politics is that the powers that be opt for the urban renewal (or Italian) route to culture, refurbishing the buildings, cultures so-called ‘containers’. Dwindling resources and tight budgets would seem to call for cuts in every sector, but suddenly the money appears to fund a glorious investment that swiftly becomes the mark of clear desire to strengthen culture. The restoration of historical buildings, and there are a large number in dire need of help, with the intention of housing a museum, a community center, a dance or music course, a neighborhood meeting hall, anything that will justify the resources invested in the noble conservation effort. And, in the end, the building certainly will look much better! It won’t be excessively functional, no one thought about what it’s future purpose would be, it will weigh heavily on the budget, be it local or national, in terms of millions spent in direct investments and on operating costs (staff, materials, miscellaneous expenditures, and so on). Yet the money that goes into these containers mistaken for ‘buildings’ that will house culture will seem well-spent. The requirement for employees won’t be very high, a director and his/her staff, and little else. And so the spending for culture increase. It’s really not worth the effort to try and change things, the country’s finest minds have already said it: true artistic talent will emerge no matter what.
It does not seem possible in this country or, at any rate, in this city, that a good balance can be struck between investments made on good minds and those made on urban renewal. We can’t really tell what the social function of culture is anymore. Is it to hand down knowledge or to build worlds for our future generations? In the first case, we have the ‘containers’ and in the second, the market will make the choices. But even if we accept this point of view, the market is only a partial representation of the ‘moment of truth’, representing merely popular opinion (consumer tastes and preferences are an economic reality no different from that of a capital market or of baked goods), i.e., what people think or what mass media is selling. No matter what the point of view, active or passive, it is necessary to decide what will be offered on the market and won’t, or at least how long we’ll take to decide; or else we have to create a new market and attract a different audience. An institution can be much more incisive and its decisions longer lasting than a community center (where we find more avant-guard exponents than in all cultural institutions put together).
Every now and again, music magazines feature well-researched articles on Bologna’s music scene. The reviewers seem surprised at the creativity of our musicians, at the great variety of groups, at the range and versatility of Bologna’s musical environment. Yet it doesn’t seem like the editors or journalists ever ask themselves why these apparently innovative and fine groups are in fact invisible, so much so that it takes dedicated research to bring them to light. Bologna’s music scene is in constant flux, a phenomenon typical to many cities – the discouragement of those who drop out of it is compensated by the enthusiasm of the new entries (from the university, conservatory, from the street and from others Italian cities), but the equilibrium is very fragile – it’s a scene that offers no professional future, it exists outside of the main market stream or (and it really makes no difference), outside the eye of the media, it represents a reality that has no audience, the musicians and the composers refer only to themselves. And even this is really quite impressive. Yet this musicians and composers are caught between the reality of ‘actively creating’ and an activity that earns them a living. The result of this is that a sort of radicalism is fueled that tends to ignore the communicative quality of the artistic endeavor and to reward the mere ‘belonging’ to a group.
Bologna will be one of the eight European capitals of culture in the year 2000. Not a big deal as events go (the year 2000 is going to be a party time for everyone). It could, however, help to improve things, especially for music, thanks to the intelligent allocation of available resources. It could be a good opportunity for music’s establishment to seriously face the problem of the imbalance (way of thinking and available resources) between the mutability of the world of artistic creation and the immutability of buildings.
Mario Zanzani
Necessitate Implora (Necessity Implores)
Angelica ‘98, eighth edition, Mamma Acustica.
Angelica ‘98 follows a technological 1997 edition where machines (samplers, turntables, …) and plagiarism, Canada and Japan were the main actors. It was a Noisy Angelica, each performance offered (there were other ingredients) variations on ‘noise’ and a host of musical quotations. For this reason, and in order to follow tradition, Angelica ‘98 will be especially acoustic and Italian. Without forgetting about the rest of the world, this year’s journey will be through the ‘Italian desert’, as it was through other countries in the past and will be through new ones in the future (Holland 1996, Canada and Japan 1997, Italy 1998, England 1999,… ). We will go and discover what’s going on in rather unassuming but interesting circles. Opuses deliberately conceived outside of the official mainstream.
The desire to offer something ‘out of context’ is always very strong.
Over the years, we’ve been able to distinguish several music environments and circles that seem to move about more freely and that are searching for their own language, modifiying the colors to compose their own palet of expression, to discover something unexplored: to change. Environments of this kind may be found in Italy in the folk music, an old, anarchist, almost lost, peasant heredity. Contemporary music, the kind that is most radical and/or freed from itself, is by its very nature not as held to ‘having to please’ as are other types of music and therefore perhaps freer to choose, even if the tendency to ‘be in line’ with the genre is strong.
We tried to ‘hook up’ chamber music groups, that play ultranotated music, almost divinely, to a kind of ‘improvised chamber music’.
There is another circle (defined in many different ways but which doesn’t really get much consideration in Italy) that is open to listening and to taking everything that is a part of music into con-sideration. Perhaps it is younger and has not yet been able to communicate fully with other ‘languages’ that exist in Italy; curious about and interested in the rest of the world, a circle that is searching for its own freedom of expression, for its own language with which to create music, to speak.
Orchestra pieces (performed by the Orchestra del Teatro Comunale di Bologna) were commissioned to musicians, that work in Bologna, who, for the most part, have composed for all different kinds of groups over the years but had not yet written anything for orchestra because impossible or not interesting.
An area wherein complexity and form dominate instead of music.
The possibility of hearing a new and original written piece for orchestra in times such as ours is, to say the least, quite attractive. A sort of Composers’ Catalogue of Bolognese composers, to be presented at Angelica ‘98 and ‘99.
A kind of secret password, an invisible code, that will or will not lead somewhere, was given along with the commission. ‘Nuff said.
The idea is also to open the door just a crack.
The contrast so evident in Angelica’s 1992 edition was the code, that although seemingly more homogeneous than this year’s, gave each night’s program a totally different sound. Whereas the program for Angelica 1998 was assembled in order to highlight the harmony, the resemblances, or ‘just the right amount of contrast’ among the pieces, that because of their diverse origins, are so different but that would appear, nonetheless, to be leading in the same direction.
Small ensembles and groups, tendentially acoustic in nature, will alternate smoothly and symmetrically with one another, ‘seeds of beauty’, traditional and macrobiotic dishes will mix. Spirits, isolated appearances, beliefs-all together. The miracle wavers in its search for stability.
Why is no one dancing?
What has happened?
A new expression that leads to change, to the ideal transformation of ourselves that in that precise moment we perceive as necessary or corresponding.
In 1996, Misha Mengelberg spoke to us about music as something that had to contain invention and variety, important elements for both the listener and performer. Ingredients that make us feel alive, that give us the desire to discover, to free instead of fossilize us. Current policy in the music field doesn’t help, not to mention mass media and how it transmits information, giving us pumped up facts, searching for a lost god, for the ultimate star.
Has anyone, after all these years, learned anything from Misha Mengelberg, from his music, from his simplicity, from his attitudes and actions? Sometimes (often) I fear not.
Certainly comments like ‘crazy Misha’, even when positive, is not so musical. They don’t give us too many elements to work with for a better understanding, just something perhaps in common or perhaps we’re struck by a sort of insanity that we perceive as being free when society’s craziness is often segregated.
Perhaps his teachings are not visible, just as one might say of any teaching that, in order to be deeply understood, must be invisible.
SPOT: Well, I’ve been told that there are eyeglasses that give one the power to hear what cannot be seen. Perhaps we should all buy a pair, they may help. They’re an item I highly recommended for producers, musicians, critics, and politicians. Tutti.
Stefano Zorzanello speaks about ‘justice and beauty’ in his introduction to the piece Angelica commissioned him.
Gaimpiero Cane is in the middle of writing a book on ‘music and democracy’.
Giovanna Marini’s Quartetto Vocale sang ‘Voglio Miracoli’ (I Want Miracles).
An old, rather kiche, souvenir purchased on Lago Santo reads: “the Poetry of Life is composed of only one Word ‘Mamma.” That’s what it says in Italian.
There are many possible connections to which we pay attention, to which we are not or we cannot be indifferent. The transmission of knowledge is still essential. To open oneself, to avoid getting rusty, words we often hear repeated but not easy to apply to reality if it remains inaccessible.
On the street going home there’s a bend in the road, the Muffa Curve. The street sign for Muffa has been tampered with, someone has erased the “M” of music, look at this. Pass by and Blow.
‘Words we made up on the job,’ say the Mondine.
Massimo Simonini
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