AngelicA 12
dodicesima edizione – Galleria San Francesco
Bologna
13>18 maggio 2002
>—> quaderno di AngelicA 12 – 2002
Semplice e nobile
Fanno 12! 12 edizioni di un festival che con gli anni diventa familiare, che rimane però una anomalìa, che non è attuale.
Da una evidente semplicità riparte il percorso di Angelica. Semplice e disadorno è il contesto, dei concerti e dell’opera mobile.
Centrali e periferici sono gli spazi, comunque impropri. E funzionali al clima espressivo.
Per ora è così che stiamo pensando il nostro viaggio, un po’ sotterraneo, e anche sornione, per poterlo rendere in futuro più visibile e indiscreto, di scatto.
Mario Zanzani
Angelica Mobile
Galleria San Francesco è lo ‘spazio’ di questa dodicesima edizione di Angelica; la cui programmazione, in mutazione sin dalla nascita, dopo aver più volte affrontato i problemi della forma in musica, relativi anche al suo confezionamento e consumo, qui si confronta con la sua ‘forma festival’, cercando nel movimento un altro senso. Uno spazio immaginario, immaginato, inventato, che è (anche) il risultato di una lunga ‘meditazione’ con Tristan Honsinger, accesa da discussioni e da crisi esistenziali, e soprattutto da riflessioni e considerazioni sullo stato della musica.
Angelica presenta la nuova opera di Tristan Honsinger con libretto di Ermanno Cavazzoni: Galleria San Francesco, opera mobile. Si tratta di un’opera che cambia e trasforma quella che è la tradizionale forma del festival, offrendo altri ‘modelli’, possibilità, di fruizione: cambia il contesto, il modo con il quale viene presentata la musica, la struttura; lo spazio e il tempo assumono un ruolo fondamentale; concerti che contengono altri concerti, ‘finestre’ che si aprono e si chiudono, all’interno della narrazione dell’opera.
Angelica, pur ‘trasformandosi in opera’, mantiene la sua tipologia di festival internazionale di musica; programma come panorama di espressioni, per la provenienza artistica e geografica dei suoi ospiti, con un’attenzione particolare alle loro possibilità di interazione nella, e di espansione della, dimensione opera.
Un progetto, processo, che nasce a Bologna e coinvolge una parte della comunità, attualmente abbastanza dispersa, di musicisti ‘legati’ alla storia della vita musicale di questa città. Dopo anni, qui, di nuovo insieme in una formazione inedita.
Tristan è esploratore di un teatro musicale che cerca di escludere il teatro in quanto forma, per portarlo verso la musica, verso una naturalezza necessaria, che non fa parte della recitazione in quanto tale, ma riguarda il cercare di essere, mostrando la fragilità come la forza attraverso l’espressione.
Dare vita a ciò che si nasconde, per rovesciare la formalità che sta tra le cose, compresa la formalità che può esserci nella fruizione.
Attraverso il movimento e accogliendo la creatività che si presenta possiamo avanzare in un processo collettivo (fra musicisti e pubblico) che ci apre.
Nella struttura dell’opera ogni cosa ha un insieme diverso di regole; i ruoli (chi crea e il pubblico che riceve) assumono un altro valore; un’altra etica entra nel gioco della costruzione e decostruzione, fondamentale in un processo che mostra la necessità di fare, nel tempo, cosa dobbiamo fare; lo spazio ci trasmette i limiti e le possibilità, perché possiede i segreti per cambiare.
Lo spazio diventa il messaggero di una processione frammentata.
Tutti quelli coinvolti nel processo (musicisti, ‘figure’, tecnici luce, macchinisti…), pur subordinati all’idea centrale, a questa processione frammentata che dinamicizza l’ambiente, seguono una sorta di costellazione terrestre (geografia delle narrazioni); essi sono alla scoperta dello spazio, delle possibilità che può offrire, leggendo le sue esigenze, scegliendo ‘liberamente’ in quale punto della costellazione muoversi.
La costellazione terrestre è costituita da una serie di ‘ambienti’ (bar, biblioteca, barca, bosco, bagno turco, zoo) creati nello spazio. Tra un ambiente e l’altro dei ‘ponti’ (paradiso, tempesta, incidente, siesta, discussione) di collegamento.
La narrazione di 3 storie, o ‘fili narrativi’ (il libretto di Ermanno Cavazzoni: Storia del tricheco; Storia sentimentale; Elementi della natura), permette di procedere attraverso ciascun ‘ambiente’ (6) e ‘ponte’ (5), nella rappresentazione di 33 scene, che sono il risultato del passaggio delle 3 storie in quei luoghi o situazioni.
La prima storia potrebbe cominciare nella biblioteca e continuare negli altri ambienti secondo un ordine da stabilire; la seconda storia nel bar e proseguire con un ordine diverso rispetto alla prima; la terza storia dal bagno turco e continuare il suo proprio percorso…
Il ‘gruppo’ (cast), diviso in ‘piccoli’ gruppi, narra le storie. Ogni piccolo gruppo è formato da una combinazione diversa di persone del cast. Una storia viene raccontata da un gruppo e quando la trama, l’intreccio, si sviluppa, cambia, ne entra in gioco un altro. Sulla base delle caratteristiche della trama, l’interpretazione è ‘astratta’ (una tempesta rappresentata con la danza) o ‘concreta’ (una conversazione al bagno turco; una canzone) la storia.
Le ‘stesse’ modalità si ‘ripetono’ nelle altre due storie.
Naturalmente questa processione frammentata, che è anche il risultato della narrazione delle storie, crea un ibrido, che nasce anche dalle coincidenze del caso, in quanto potrebbe esserci un incontro di tutte le tre storie in uno di questi ambienti, creando quindi una nuova e unica storia che si aggiunge alle altre, ogni volta diversa.
La narrazione da luogo a un susseguirsi di azioni/movimenti/viaggi che si intrecciano formando questa processione frammentata: lo spazio, nel suo essere non solo spazio fisico, orienta il cast e/o i piccoli gruppi, come anche le storie che offriranno di volta in volta possibilità di scelta diverse: un’infinità di interpretazioni possibili. Attraverso le composizioni, le improvvisazioni e la presenza di ‘elementi estranei’ nell’interpretazione del ‘tutto’, sarà possibile, con tutti i rischi del caso, trovare una ‘nuova dimensione’, durante l’esecuzione stessa, rispetto a quella prevista.
Ogni sera per i sei giorni di festival, l’opera, in continua variazione, sarà abitata, con combinazioni e risultati diversi, da musicisti e figure stabili con ‘contaminazioni’ di interventi musicali autonomi e non (ospiti ‘inconsapevoli’ e consapevoli), realizzati da musicisti ospiti che, oltre a modificare la struttura complessiva, potranno interagire ma anche presentare il loro lavoro come sarebbe stato a un ‘normale’ festival, qui si troveranno in un altro contesto, che non conoscono se non nella teoria. Ogni pomeriggio si cercherà ‘una comunicazione’ con loro, per la rappresentazione serale. Essi daranno la possibilità di stimolare, come di mettere in dubbio, la fragilità e la stabilità di questa struttura.
Una mappa, segreta, che ora nessuno conosce, si svelerà, troverà, alla fine del processo, in quanto la mobilità dell’opera e la creatività di tutti quelli coinvolti aggiungeranno ‘elementi’ che trasformeranno e porteranno altrove quella che è l’idea centrale di Galleria San Francesco: l”ensemble dell’opera’ e il pubblico la scopriranno insieme, alla fine del festival.
Oscillando tra la necessità di vedere ‘il tutto’ (la ‘verità’?) o di essere veramente illusi, non dallo spazio, ma da quanto riusciamo a trascendere spazio e tempo, siamo come ‘costretti’ a riprenderci quella spontaneità di cui abbiamo bisogno. (E se fosse finto che sia veramente finto).
Senza regia, se non quella diretta dallo spazio, dalle energie del momento. Proponendo, se possibile, ‘armonia delle diversità’. In assenza di armonia, comunque, ‘stato delle diversità’.
Non riesco a pensare alla musica solo come un divertimento o momento di consumo, certo è anche questo, ma a volte ci si dimentica che riguarda la vita, l’essere che la crea, la sua evoluzione e quella di tutti.
Non riesco a vedere la vita di qualcuno come qualcosa di ‘privato’, è sempre parte dell’insieme. Soli ma insieme.
Chi ‘presenta’ musica dovrebbe cercare di trasmettere a chi la fruisce, a chi è ‘lontano’ dalla musica, che non si tratta solo di estetica, ma anche di altro.
Angelica ha cercato e cerca di mostrare questo ‘processo’, nel suo incessante movimento e inquietudine.
Ognuno per le esperienze che ha vissuto porta qualcosa che un altro non ha (o ha ‘dimenticato’, o può ritrovare), se siamo aperti allo scambio si vede.
Una capra statua! Due corvi osservano incantati una gabbia d’oro piena di uccelli che cantano. Una tempesta di fiori si avvicina. Corale di vocali. Timide trombe. Riso. Nessuno è al suo posto o tutti sono veramente al loro.
Galleria San Francesco, opera mobile, sentiero dello spazio, messaggero di una processione frammentata dove la costellazione terrestre è il percorso.
Angelica trasforma la sua ‘forma festival’ per poi ritornare alla sua classicità.
Caleidoscopica, luminosa nel suo essere mobile, disorientando e/o riorientando il gusto e la visione. (“Un Pensiero che forma. Una Forma che pensa.”).
“Il principio di tutte le cose sta ancora nell’al di là, sotto forma di idee che devono ancora diventare reali”.
“Le nuvole passano e la pioggia compie la propria opera, e tutti i singoli esseri fluiscono nelle loro forme”.
M’aria (appare e) respira.
Il santo si estende.
Rivolgiti.
Qui torniamo a terra guardando quel cielo che ci accompagna. Ognuno il suo, di tutti.
Massimo Simonini
13>18 – dalle ore 21.30 – TPO
Galleria San Francesco
Opera Mobile di Tristan Honsinger
Libretto di Ermanno Cavazzoni
Cristina Zavalloni voce, figura; Sabina Meyer voce, figura; Cristina Vetrone voce, figura; Vincenzo Vasi voce, figura; Carolina Talon Samperi figura, voce; Kathleen Delaney danza, voce; Marie Goyette figura, voce; Enrico Sartori clarinetto, sax alto; Olivia Bignardi sax alto, clarinetto, clarinetto basso; Edoardo Marraffa sax tenore, sax alto; Riccardo Pittau tromba; Lauro Rossi trombone; Aleks Kolkowski violino, figura; Erica Scherl violino; Tristan Honsinger violoncello, figura; Pierangelo Galantino contrabbasso; Lullo Mosso contrabbasso, figura; Franca Pampaloni fisarmonica; Fabrizio Puglisi pianoforte; Christian Carcagnile percussioni; Mirko Sabatini batteria; Fabrizio ‘Abi’ Rota elettronica, spazializzazione del suono; Jochem Hartz scenografia, figura; Ilaria Honsinger scenografia, figura; Gayla Freed immagini; Lidia Kolovrat costumi; Fancesco Carta, Paolo Liaci luci; Tristan Honsinger + Massimo Simonini ideazione
lunedì 13 maggio 2002 – ore 21.30 – TPO
> Dietmar Diesner
sax soprano
Saxophon-actor (Germania) *
> Aleks Kolkowski
Portrait in Shellac (Germania / Inghilterra) *
Aleks Kolkowski violino Stroh, violinophone, grammofoni
martedì 14 maggio 2002 – ore 21.30 – TPO
> Olivia Block
oggetti naturali trovati, elettronica
hi-lo eyehull (Stati Uniti) #
> Margareth Kammerer
voce, chitarra elettrica
Noch Einmal, an Orpheus *
(Bolzano / Berlino)
canzoni di Margaret Kammerer: crow, testo di Ted Hughes; willow…c’ est que j’ aime, testi di Antonin Artaud, M. Kammerer; high, testi di Samuel Taylor Coleridge, M. Kammerer; blues or open his head, baby, testo di E. E. Cummings; Somewhere i have never travelled, testo di E. E. Cummings; where is…, testo di M. Kammerer; cool day cool night, testi di Ted Hughes, M.Kammerer
mercoledì 15 maggio 2002 – ore 21.30 – TPO
> Hester Boverhuis + Cristin Wildbolz + Riccardo Massari Spiritini
Speechwater (Olanda, Svizzera, Italia) *
Hester Boverhuis voce; Cristin Wildbolz contrabbasso; Riccardo Massari Spiritini giradischi
> Sven Ake Johansson voce + Sten Sandell pianoforte Bahn und Boot *
(Svezia / Germania)
5 ‘poemi musicali’: winkelverstellbare propellerkonstruktionen; der heimatbahnhof; schuh und handschuhfabrikation; bahn und boot mit blinder passagier; 1.435 (one point four three five)
giovedì 16 maggio 2002- ore 21.30 – TPO
> Peter Brötzmann + Hamid Drake (Germania, Stati Uniti) *
Peter Brötzmann sax alto e tenore, clarinetto, tarogato; Hamid Drake battteria, percussioni
venerdì 17 maggio 2002 – ore 21.30 – TPO
> Misha Mengelberg pianoforte, voce
Solo Songs (Kiev / Olanda) #
commissione di AngelicA
> Marie Goyette + Aleks Kolkowski
Stone Flower (Canada, Germania / Inghilterra) #
Marie Goyette campionamenti; Aleks Kolkowski violino stroh, grammofoni
da Sergei Prokofiev…
sabato 18 maggio 2002 – ore 21.30 – TPO
> Hisako Horikawa
danza butoh (Giappone) #
> Misha Mengelberg
pianoforte, voce (Kiev / Olanda)
INCONTRI & ASCOLTI:
venerdì 10 maggio 2002 – ore 21.30 – Sala Borsa
> anteprima mobile: ensemble opera, Ermanno Cavazzoni, Tristan Honsinger
martedì 14 maggio 2002 – ore 12.00 – Sala Borsa
> Olivia Block
mercoledì 15 maggio 2002 – ore 12.00 – Sala Borsa
> Peter Brötzmann
giovedì 16 maggio 2002 – ore 12.00 – Sala Borsa
> Marie Goyette
venerdì 17 maggio 2002 – ore 12.00 – Sala Borsa
> Tristan Honsinger, Ermanno Cavazzoni
sabato 18 maggio 2002 – 12.00 – Sala Borsa
> Misha Mengelberg
conduce: Franco Fabbri
ALTRI EVENTI:
giovedì 16 maggio 2002 – ore 18.00, venerdì 17 maggio 2002 – ore 24.00 – Palazzo Re Enzo
> Ijnveïq de Ernestine
Une porcelaine dans un magasin d’éléphants #
Mauro Manzoni flauti, sassofoni; Emiliano Rodriguez sassofoni; Diego Frabetti tromba; Raffaele Jaquinta trombone; Giammaria Matteucci clarinetti; Fabrizio Colonna chitarra elettrica; Maurizio Rolli contrabbasso;Alberto Corelli percussioni; Piepaolo De Gregorio percussioni; manipolazioni elettroniche e supporti pre-registrati di Ijnveïq de Ernestine; Alfredo Impulliti direttore
musiche di Ijnveïq de Ernestine
(# = prima assoluta; * = prima italiana)
Luoghi
TPO, viale Lenin 3, Bologna
Sala Borsa, Piazza Maggiore 3, Bologna
Palazzo Re Enzo, Piazza Re Enzo 1/, Bologna
Partner
Associazione Culturale Pierrot Lunaire
con il sostegno di
Ministero per i Beni e le Attività Culturali
Regione Emilia-Romagna
Provincia di Bologna – Settore Cultura
Comune di Bologna – Settore Cultura
Invito in Provincia
Centro Culturale Svizzero
SMP Sistemi Metodologie Progetti
Radio 3 Rai
Radio Città del Capo
Radio Città 103
Simple and noble
This makes 12! 12 editions of a festival that has become familiar over the years but that is still an anomaly, that has yet to become topical. Starting from a manifest simplicity,Angelica’s journey takes off once again. Simple and unadorned is the setting, of the concerts and of the mobile opera. Central and peripheral the spaces, although unsuitable.And functional to the climate of expression. For now, this is how we’re thinking about our journey, a bit underground, and even a bit crafty, so that it may become more visible and indiscreet in the future, nimble and sprightly.
Mario Zanzani
Angelica Mobile
Galleria San Francesco is the ‘space’ of Angelica’s twelfth edition, whose design, which has been constantly changing since its birth, after having repeatedly faced the problems inherent the form in music, and to its packaging and consumption, now will confront its own ‘festival form’, trying to find yet another meaning in movement.
An imaginary space, imagined, invented, which is (also) the result of a long ‘meditation’ with Tristan Honsinger, sparked by discussions and by existential crises, and above all by reflections and considerations concerning the state of music.
Angelica presents Tristan Honsinger’s new work, libretto by Ermanno Cavazzoni: Galleria San Francesco, a mobile opera. It’s an opera that changes and transforms the traditional form of a festival, which offers the audience other models, other possibilities, of fruition – the context changes, the way in which the music is presented, its structure; space and time take on a fundamental role; concerts which contain other concerts, ‘windows’ that open and close, within the opera’s narration.
Angelica, even ‘transformed into an opera’, conserves its international music festival typology; a program giving a panorama of expressions, for the artistic and geographic origins of its guests, with close attention to their possibilities of interacting in, and by expansion of, the operatic dimension.
A project, process, born in Bologna and involving a part of the community, more or less scattered today, of musicians ‘tied’ to the story of the musical life of this city. After years, here, together again in an unreleased formation.
Tristan is an explorer, seeking out a musical theater that excludes theater as a form, to bring it closer to music, closer to a necessary naturalness, that is not part of recitation as such, but has to do with seeking to be, showing fragility as strength through expression.
Giving life to that which is hidden, to overturn the formality that lives among things, including the formality that can exist in fruition.
Through movement and receiving the creativity that is presented, we may go forward in a collective process (between musicians and audience) that will open up before us.
In the structure of the opera, each thing follows a different set of rules; the roles (of the creator and of the audience at the receiving) take on another value; different ethics come into the game of construction and deconstruction, basic to a process that shows the necessity of doing, in time, what we have to do; space conveys our limits to us and the possibilities, because it holds the secrets of change.
Space becomes the messenger of a fragmented procession.
All those involved in the process (musicians, ‘figures’, light techs, stagehands…), although secondary to the main idea, to this fragmented procession that enlivens the atmosphere, follow a sort of terrestrial constellation (the geography of the narrations), they are exploring space, and the possibilities it can offer, reading its needs, ‘freely’ choosing where to move within the constellation.
The terrestrial constellation is made up of a series of ‘settings’ (bar, library boat, woods, turkish bath, zoo) created in space. ‘Bridges’ (paradise, a storm, an accident, a siesta, a conversation) of connection.
The narration of 3 stories, or ‘storylines’ (Ermanno Cavazzoni’s libretto: The Story of the Walrus; a Sentimental Story; Elements of Nature), allow us to proceed through each ‘setting’ (6) and ‘bridge’ (5), represented in 33 scenes, resulting from the three stories’ traversing these places and situations.
The ‘group’ (cast), broken up into ‘little’ groups, tells the stories. Each small group is made up of a different set of characters from the cast. A story is told by one group and when the story, the plot, develops, changes, another group comes into play. According to the type of plot, interpretation may be ‘abstract’ (a storm is represented by a dance) or ‘concrete’ (a conversation takes place in the turkish baths; a song). The ‘same’ modalities are used for the other two stories.
Naturally this fragmented procession, which is a result of the narration of the stories, creates a hybrid, which also arises from related coincidences, as far as all the stories could meet one another in any one setting, thereby creating a whole new and unique story in addition to the others, different each time.
The narration gives rise to a succession of actions/movements/journeys that weave in and out giving life to the fragmented procession: space, in its going beyond physical space, directs the cast and/or small groups, as it does the stories that offer, each time, the possibility of different choices: an infinity of possible interpretations. Through the compositions, improvisations, and the presence of ‘foreign elements’ in interpreting the ‘whole’, it will be possible, accepting all inherent risks, to find a ‘new dimension’, during the performance itself, different from the expected one.
In all of the festival’s six evenings, the continually changing opera, will be inhabited, with different combinations and results, by musicians and set figures and their ‘contaminations’ of autonomous, and not autonomous, interventions (‘unwitting’ and knowing guests), executed by guest musicians who, beyond modifying the overall structure, will be able to interact and also present their work as they would have at a ‘normal’ festival, who will find themselves in a different setting, one that they know only_in theory. The afternoons will be dedicated to seeking to ‘communicate’, something that will spill over into the evening’s performance. They will allow for the possibility of stimulating, and also doubt, the fragility and stability of the structure.
A map, a secret one, that no one knows now, will be revealed, discovered, at the end of the process, in so far as the mobility of the opera and the creativity of all involved will add ‘elements’ that will transform and will take the fundamental idea of Galleria San Francesco elsewhere: the performers and the audience will find it together, at the end of the festival.
Wavering between the need of seeing ‘all’ (the ‘truth’?) or of being truly deceived, not by space, but by how much we are able to transcend space and time, we are ‘obliged’ to regain the spontaneity we need. (And if it were fake, that it be really fake).
Without direction, if not that given by the space, by the energies present. Proposing, if possible, a ‘harmony of the diversity.’ And, in any case, in the absence of harmony, a ‘ state of the diversity.’
I can’t think of music only as entertainment or as a moment for consumption, it is certainly these things too, but sometimes we forget that music has to do with life, with the person who created it, with that person’s evolution and that of others.
I can’t conceive of someone’s life as something ‘private,’ it is always a part of the whole. Alone but together.
Those who ‘present’ music should try to communicate to those who receive it, to whom is ‘far away’ from music, that it isn’t only about aesthetics, but concerns other things too.
Angelica has tried and still tries to reveal this ‘process’, in its incessant movement and unrest.
Each person because of his own experiences can offer something another doesn’t have (or has ‘forgotten’, or can find again), if we are open to exchange is left to be seen.
A goat statue! Two crows observe enchanted a golden cage full of singing birds.
A flower storm is approaching. A vowel chorale. Timid trumpets. Laughter. Rice!
No one is at his place or they all are.
Galleria San Francesco, opera mobile, path of space, messenger of a fragmented procession in which the terrestrial constellation is the route.
Angelica transforms it’s festival form to then return to its classicity.
Kaleidoscopic, luminous in its being mobile, disorientating and/or reorientating taste & vision. (“A Thought that forms. A Form that thinks.”).
“The principle of all things is still hereafter under form of ideas that still have to become real.”
“The clouds pass and the rain performs its own work, and each and every being flows in its own form.”
M’aria (appears and) breathes.
The saint extends.
Turn.
Here we return to earth looking at sky that accompanies us. Each one his own, everyone’s.
Massimo Simonini
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