AngelicA 9
nona edizione – domestic flights
Bologna
18>23 maggio 1999
>—> quaderno di AngelicA 9 – 1999
Scatole e contesti
Angelica è nata, ormai sono diversi anni, sul presupposto che fosse possibile parlare di musica senza per forza parlare di generi musicali (classica-contemporanea, jazz, rock, improvvisazione). Si pensava che la situazione fosse matura, che il pubblico ormai fosse insofferente verso l’organizzazione della musica in scatole separate. Che ci fosse bisogno di rimescolamenti e non solo di ‘contaminazioni’. Anche per questo un contesto itinerante sembrava adatto; il cambiamento dei luoghi e dei teatri a seconda delle necessità.
Nel corso del tempo Angelica è andata costruendo la propria identità, e si è guadagnata un proprio spazio nel panorama musicale internazionale; può contare su un pubblico, il pubblico dei non-generi (o più precisamente dell’improvvisazione e della composizione non accademica e delle curiosità bizzarre).
Purtroppo, l’evoluzione della situazione musicale avviene per scatole, separate e più o meno comunicanti. Il contenuto della nostra scatola è una musica in certo modo meno comunicativa di altre, che ha bisogno di promozione e di ‘autorevolezza’, per muovere curiosità e interessi sul mondo dei suoni possibili. Inoltre, ha bisogno di sostegni pubblici e istituzionali sia sul versante dell’organizzazione che su quello del sostegno delle forze creative (musicisti e compositori, ensemble, progetti).
Anche sul versante della musica colta la situazione si è fatta più difficile in Italia e all’estero. Di fronte al dilagare della musica commerciale, del divismo e dell’evento, le istituzioni musicali sembrano paralizzate e incapaci di compiere scelte verso nuovi territori musicali: da un lato rimangono immobili nella tradizione, in un rapporto simbiotico con un pubblico ‘borghese’ (minoritario e in progressiva diminuzione se non c’è il divo di turno) che è lo specchio esatto dei programmi artistici e della gestione elitaria dei teatri. D’altro canto innovare significa qui perdere pubblico, senza alcuna garanzia di essere in grado di crearne uno nuovo.
In questo panorama desolante per la musica di ricerca un ruolo particolare coprono i luoghi del consumo ‘diverso’, i centri sociali, gli spazi autogestiti (a Bologna: Link, Tpo, Livello 57); che si dimostrano in grado di coinvolgere nuovo pubblico, di essere attori delle trasformazioni continue della musica, e di porsi talvolta in bilico fra mercato e avanguardia, fra svago e ricerca.
Il loro successo indiscutibile è legato però in gran parte al contesto, al luogo e ai simboli che vi circolano. I valori musicali sono strettamente legati al contesto ‘radicale’ ed ‘alternativo’, o semplicemente ‘informale’ e ‘popolare’ e non sono spesso valutati per quello che sono. Sono annegati nella mutevolezza e flessibilità di questi centri, prima di tutto luoghi di ritrovo sociale.
È forse una legge generale: il valore identificativo dei contesti e dei luoghi è anche più forte del valore rassicurante dei generi. Un valore estetico forse non esiste al di fuori del suo contesto e questo crea un certo imbarazzo, quello di definire non solo una proposta musicale, quanto una nostra proposta di ‘contesto’, che per la verità è stata volutamente messa in ombra.
Nel momento in cui più si sente il bisogno di iniziative e istituzioni capaci di sostenere senza troppe preoccupazioni di mercato la ricerca musicale (ad inseguire il mercato vincono altri soggetti più preparati) noi ricominciamo dal basso, risalendo fino all’alto del Teatro Comunale e cercheremo di imparare qualche cosa sul nostro contesto d’azione.
Mario Zanzani
Angelica Airline
Angelica ‘999, nonna edizione, dal 18 al 23 maggio, Domestic Flights (voli domestici), parlerà della scena inglese (dopo l’Olanda nel ‘96, il Canada e il Giappone nel ‘97, l’Italia nel ‘98), una edizione ‘classica’ che continua lo sguardo particolareggiato sulle ‘comunità sonore’ dei vari paesi.
Una sorta di Collettivo, aperto, è una delle inziative possibili, in genere di gruppi di musicisti e appassionati di musica, per lavorare, per essere più visibili, per aiutare una trasmissione del sapere. Il London Musicians’ Collective, che unisce musicisti fondamentali della scena ‘Cosmica’, è un esempio.
Il collettivo come insieme di individui, diventa visibile. Quanto è importante per tutti che sia visibile, che certe esperienze risultando possibili diano la possibilità ad altri di inventarsi altre realtà, altri collettivi, diversi ma che possono contare su una precedente importante esperienza. Quanti nuovi percorsi si possono aprire, grazie anche ad una maggiore speranza, che certi musicisti sanno trasmettere: le porte sembrano aperte a tutti, non servono chiavi speciali, serve passione per la musica, serve e si ricerca verità. Si inventa ciò che manca, questa potrebbe essere una lettura in relazione ai bisogni di chi fa musica per chi la fruisce. Una realtà nel quale certe pratiche musicali si possano svolgere è indispensabile, nella normalità delle attività musicali di ogni genere/tipo, di una città.
La musica che questi musicisti praticano è varia, e per natura sembra ricerchi e inventi ogni volta qualcosa per non essere classificata… come dire se mi ascolti ti parlo… (non si inventa, o non si cambia, per non essere classificati, ma per necessità, per stare bene?, flusso naturale in cerca di varietà, di diversità, di conoscenza…) se cerchi la forma c’è ma quando la vedi è già evaporata, in continua mutazione e instabilità. Quando nasce una nuova forma viene voglia di trasformarla, di distruggerla prima che si consumi, come qualcosa che cangia continuamente.
Ecco allora che una canzone sembra vecchia, ma non c’è niente di più nuovo. Il suono di quel quintetto non si era mai sentito, e forse non si ripeterà. Quel trio di ‘adulti’ (Peter Blegvad, John Greaves, Chris Cutler) sembra suoni musica rock di trent’anni fa, ma non è così, i tre riescono ad essere attuali; non databili anche perché quasi troppo databili. Poi c’è lo ‘standard’ di certi ensemble, insiemi, standard figlio di nessuno, se non di chi sta facendo musica in quel momento, quasi provocazione (?) dire che questo standard appartiene alla musica di AMM, i quali facendo improvvisazione eseguono il loro ‘aereo raga’, atterrando e decollando, ogni volta si ripete, sempre diverso, all’infinito. Quasi un rito.
La musica degli strati più colti, ma ormai anche quella che si pratica nei luoghi ‘alternativi’ è troppo legata alla forma, alla modernità. La musica offre tante possibilità perché non esplorarla.
Ad alta quota c’è un’aria fantastica, quasi quasi non si respira…
La forma, dopo tutto, è anche tradizione e quando la tradizione non è conservazione obbligata ma è aperta, genuina, allora attraversarla, re-inventarla e quando crea troppa corrente lasciarla, può diventare un buon modo per comunicare in musica. O nella classicità della forma che esiste da secoli (per esempio la musica classica), ri-esplorata con la libertà di chi pratica musica per la musica, ridandogli una nuova vita. Dicono Phil Minton e Veryan Weston nel loro progetto ‘passato’ (…..past): “…mangiando secoli”. Ancora, attraversare il tempo.
La forma può però diventare un ‘limite’, e oggi è forse la cosa che affligge di più la musica. Un ringraziamento particolare va a un ‘senso di industria’ che ormai permea tutte le cose; forse è necessario, ma è troppo stretto.
“…Tutto ciò implica estrema disponibilità all’ascolto, che è atteggiamento fondamentale per comunicare con gli altri. ‘Ascoltare’ significa abdicare al carattere assertivo della propria soggettività, all’attaccamento egoistico alle ‘proprie’ idee…” (Giorgio Magnanensi).
La curiosità di scoprire, la voglia di condividere, il tempo necessario per, sono elementi fondamentali per superare quelle barriere che ostacolano il nostro bisogno di conoscenza, che non ci consentono di fruire più liberi, quando la tendenza all’abitudine continua a spezzare desiderio e passione.
La lontananza, dall’oggetto di cui si parla, con i tutti i suoi significati, dovrebbe aiutare a capire, ma dopo sterminate esperienze sembra sempre che qualcuno debba morire, prima, per dirci poi, quanto era importante ciò che aveva fatto o semplicemente per essere riconosciuto e quindi democraticamente trasmesso agli altri. Condizione elementare, quest’ultima, che dovrebbe essere pratica di ogni istituzione culturale.
L’avventura di Derek Bailey è una testimonianza di libertà imprigionata nella civiltà.
Adesso penso agli amici di Ring-Ring Festival, di Belgrado, come noi al di fuori di queste strategie e intenti di guerra, malgrado loro bloccati, nell’impossibilità, in uno stato di guerra, nel vuoto. A loro e a tutti gli altri civili innocenti di questa guerra penso e dedico questo programma di Angelica, che abbiamo potuto realizzare, a loro che adesso non possono realizzare il loro programma, di vita, di lavoro, a loro.
Questi saranno gli ingredienti per individuare il sapore della musica di questa edizione, distinta & anarchica.
La musica ha bisogno di silenzio. Il silenzio produce musica. Si amano.
Ma ogni volta che spieghiamo qualcosa (sembra che noi) distruggiamo qualcosa.
Massimo Simonini
martedì 18 maggio 1999 – ore 21.30 – Link (Sala Bianca)
> John Tilbury pianoforte (Inghilterra)
musiche di Michael Parsons Bagatelle 4 (1996), Jive (1996), Oblique piece No. 5 (1998), Jive 2 (1996); Dave Smith Al Contrario (1992); Howard Skempton Vale (1997), Columbus (1998), Ecossaise (1998), Piano Piece(1969), Guitar Caprice (1995), Two Highland Dances (1970), Trio (1998)
> Fred Frith Tense Serenity (Inghilterra, Stati Uniti, Svizzera, Belgio, Francia)
Fred Frith chitarra elettrica, violino; Chris Cutler batteria, elettronica; Lesli Dalaba tromba, elettronica; Claudio Puntin clarinetto, clarinetto basso; Daan Vandewalle pianoforte, pianoforte preparato; Manu Gilot suono
mercoledì 19 maggio 1999 – ore 21.30 – Link (Sala Bianca)
> Evan Parker sax soprano Conic Sections(Inghilterra)
> John Russell + Roger Turner duo improvisations (Inghilterra)
John Russell chitarra acustica; Roger Turner batteria, percussioni
> Phil Minton voce + Veryan Weston pianoforte …..past (Inghilterra)
da una moltitudine di diversità di canzoni: Robert Schumann Im wunderschonen, Monat Mai, Im Rhein, im heilegen Strome; Joe Zawinul Can it be done?; Sir Edward Elgar Sea Pictures; Hubert Parry; Freddy Fender;Claudio Monteverdi Hank Williams; Anton Carlos Jobim Rivers of March; Phil Minton + Veryan Weston, …
giovedì 20 maggio 1999 – ore 21.30 – Link (Sala Bianca)
> Paolo Angeli chitarra sarda preparata linee di fuga (Italia)
> Lol Coxhill Standard Conversions (Inghilterra)
Lol Coxhill voce, sax soprano; Pat Thomas pianoforte, elettronica; John Edwards contrabbasso; Steve Noble batteria
> Steve Beresford Signals for Tea + (Inghilterra)
Chris Batchelor tromba; Jason Yarde saxalto; Steve Beresford pianoforte, voce; Kubryk Townsendcontrabbasso; Mark Sanders batteria
venerdì 21 maggio 1999 – ore 21.00 – Teatro Comunale
> Orchestra del Teatro Comunale di Bologna diretta da Stephen Drury (Stati Uniti)
– Bond, Giorgio Casadei
– Quasi PQR, Diego Stocco
– L’indifferenza (l’atleta sfinito), Tiziano Popoli
– La Vita Nascosta, Massimo Semprini
– Nottetempo, Domenico Caliri
– The Butterfly Theory, Stefano Zorzanello
– il ghiaccio, il calore, l’autunno, il tessuto, Giorgio Magnanensi
– Final, per chitarra elettrica e orchestra, Fred Frith
solista: Fred Frith chitarra elettrica (Inghilterra)
– Oh Moscow Suite: Lovers, Curtain Descending, Prayer, Forgotten Fruit, Oh Moscow
per due voci e orchestra, Lindsay Cooper (Inghilterra); arrangiamento e orchestrazione Veryan Weston in collaborazione con Lindsay Cooper
solisti: Phil Minton voce Maggie Nicols voce (Inghilterra)
ospiti: Chris Cutler batteria John Edwards contrabbasso (Inghilterra)
venerdì 21 maggio 1999 – ore 24.00 – Link (Dance Hall)
> Mike Cooper + Pat Thomas Tri Stereo System (Inghilterra)
Mike Cooper steel guitar, elettronica; Pat Thomas tastiere, campionamenti
sabato 22 maggio 1999 – ore 21.30 – Link (Sala Bianca)
> Kaffe Matthews to white (Inghilterra)
Kaffe Matthews Live Sampling Conversions, poco poco violino
> The Recedents (Inghilterra)
Lol Coxhill sax soprano, elettronica; Mike Cooper chitarra elettrica, elettronica; Roger Turner batteria, percussioni
> Massacre (Inghilterra, Stati Uniti)
Fred Frith chitarra elettrica; Bill Laswell basso elettrico; Charles Hayward batteria
domenica 23 maggio 1999 – ore 21.30 – Link (Sala Bianca)
> Derek Bailey And (Inghilterra)
Derek Bailey chitarra elettrica; Pat Thomas tastiere, elettronica; Steve Noble giradischi
> AMM (Inghilterra)
John Tilbury pianoforte; Keith Rowe chitarra elettrica; Eddie Prevost percussioni
> Cornelius Cardew The Great Learning
Paragraph 7 for any number of trained or untrained singers
John Tilbury direzione; voci della Scuola Popolare di Musica Ivan Illich
INCONTRI & ASCOLTI:
martedì 18 maggio 1999 – ore 12.00 – Palazzo dei Notai
> Fred Frith
mercoledì 19 maggio 1999 – ore 12.00 – Palazzo dei Notai
> Evan Parker
giovedì 20 maggio 1999 – ore 12.00 – Palazzo dei Notai
> Chris Cutler
venerdì 21 maggio 1999 – ore 12.00 – Palazzo dei Notai
> John Tilbury
sabato 22 maggio 1999 – ore 12.00 – Palazzo dei Notai
> Bill Laswell
conduce: Franco Fabbri
venerdì 21 e sabato 22 maggio 1999 – ore 15/19.00 – Link (Info Shop)
> modulazione di frequenza
una ricognizione radiofonica tra memoria e trasformazione
a cura di Antonella Bottini
coordina: Gabriele Frasca
Luoghi
Teatro Comunale, Largo Respighi 1, Bologna
Link, via Fioravanti 14, Bologna
Palazzo dei Notai, via de’ Pignattari 1, Bologna
Partner
Associazione Culturale Pierrot Lunaire
CIMES – Centro Interfacoltà Musica e Spettacolo dell’Univeristà di Bologna
in collaborazione con
LINK Project
con il sostegno di
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI – Dipartimento dello Spettacolo
REGIONE EMILIA ROMAGNA – Assessorato alla Cultura
COMUNE DI BOLOGNA – Settore Cultura
CONSORZI CITTA’-UNIVERSITA’ di Bologna
The British Council
con l’aiuto di
SMP Sistemi Metodologie Progetti
con la partecipazione di
Radio Città del Capo
Radio Città 103
Radio K Centrale
CMR Centro per le Musiche di Ricerca
Boxes and contexts
Several years ago, we witnessed the birth of Angelica, a festival conceived to free music from its definition according to musical genres (contemporary-classical, jazz, rock, improvi-sation). Conditions and the musical public were thought ripe; people were basically tired of seeing music “divvyed up” and placed into separate boxes. It was time to go beyond “contaminations” and allow for the creation of new blends and the best way to do this was to offer the music to Angelica’s public in an itinerant context, allowing need to dictate the places and theaters in which the performances would be held. Over the years, Angelica developed a personality of its own and earned its rightful place on the international music scene. Angelica now has its public, a public that does not desire listening to musical genres (to put it more precisely, our audiences want improvisation, non-academic compositions; in short, something strange and curious).
Unfortunately, evolution in the world of music comes about “in boxes”, separate entities that may or may not be communicating.
The music contained in our box is in a sense less communicating than others and requires support and “authority” in order to stir curiosity and
interest in the world of possible sounds. It needs public and institutional support for it to be performed and creative forces (musicians and composers, ensembles, projects) for its production.
Even serious, “traditional” music has its problems in Italy and abroad.
Faced with the rampant spread of commercial music, of hero-worship and desire for the “musical event”, institutions dedicated to music seem paralyzed and unable to choose and move onto (and into) new musical territories. On the one hand, they’re locked in tradition, frozen in a symbiotic relationship with “borgeois” audiences (whose turnout depends solely on the appearance of the star” of the moment) that is a perfect reflection of the artistic programs being offered and of the fact that the theatres are being run by an elite few. On the other hand, a strike at innovation would mean losing our public, and there is no guarantee of gaining a new one.
Within this rather desolate context, alternative “venues” are very important for experimental music today, public and private clubs (for example, Link, Tpo, Livello 57 in Bologna) that are able to attract new audiences and to actively support the continual transformation of a music delicately poised between the market and the avant-garde, between entertainment and experimentation.
The success of these transformations is undeniably tied to the context in which the music is performed, to the place and to the symbols associated with it. The musical qualities are closely related to their “radical” and “alternative”, or simply “informal” and “popular” context and they are not often given their proper value. They are drowned in the change-ability and flexibility of these “venues”, which are above all places where people come together to gather socially.
It seems to follow a general rule that the identification people develop with specific contexts and places is even stronger than the reassuring quality of musical genres. An esthetic value may not even exist outside of its context and this puts us in an embarassing situtation. How to define both the music we’re proposing and the “context” which, to be honest, has always been intentionally left in the wings.
In conditions in which there are no initiatives or institutions able to sustain experimentation in music without worrying too much about the market situation (the race for a market niche is clearly won by those certainly better prepared than us), we’ve decided to start from the bottom and move our way up to Bologna’s Opera House, searching all the while to learn something from our “context of action”.
Mario Zanzani
Angelica Airline
Angelica ‘999, ninth edition, May 18 th to the 23 rd , Domestic Flights, will be talking about the English music scene (as it did about the Dutch in ‘96, Canadian and Japanese in ‘97, and Italian in ‘98), a ‘classical’ edition that continues its scrutiny of the ‘sound communities’ at work in various countries today.
A kind of open collective is one of the possible initiatives, usually made up of a group of musicians and music lovers who come together to work, to become more visible, to aid in the transmission of knowledge. An example of a collective is The London Musicians’ Collective that brings together musicians essential to the ‘cosmic’ scene.
A collective as a group of individuals, becomes visible. How important it is for everyone that it be visible, that certain experiences become possible and give others the chance to invent other realities, other collectives, different but that can build on previous important experiences. How many new paths can be explored, opened thanks to a kind of hope that certain musicians know how to convey. The doors seem open to everyone, no need for special keys, what’s needed is a passion for music, the truth and a search for truth. We make up what’s missing, this could be a possible interpretation in relation to the needs of who’s making music for who’s listening to it. A place where certain musical experiences can be had is essential, within the normal order of musical activites of every genre/type, that go on in a city.
The music generated by these musicians is varied, and by its very nature seems to search for and invent something that defies classification … a way of saying, if you’re willing to listen to me, I’ll talk to you…. if you’re looking for the form it’s there but as soon as you see it it evaporates, continually mutating and unstable. When a new form is born, the urge is there to transform it, to destroy it before it is consumed, like something continually shiftchanging.
A song may appear old, while it couldn’t be newer. The sounds made by that quintet had never been heard before, and will probably never be reiterated. That trio of ‘grown ups’ (Peter Blegvad, John Greaves, Chris Cutler) seems to play rock from thirty years ago; but they’re not. The three of them manage to be fresh; not dated, also because they are almost too dated. Then we have the ‘standard’ (classicity) played by certain ensembles, ‘standard’ that don’t belong to anyone if not to whose producing the music at that particular moment. Is it provocatory (?) to say that this standard belongs to AMM’s music whose artists improvise their “air raga”, landing and taking off, repeating itself each time, always different, infinite. Almost a rite.
The music heard in the ‘higher’ circles (serious music?), but by now even the music produced in ‘alternative’ venues is way too tied to form, to modernity. So much is possible in music, why not explore it?
The air is fantastic at high altitudes, it’s almost hard to breathe.
Form, in the end, is also tradition and when tradition does not mean obligatory preservation of that form, but remains open, then traversing it, reinventing it, and leaving it when it creates a current, could become a good way of communicating through music. Or taking century-old muscial forms (classical music, for example) and exploring them in a new light with the freedom of a musician who plays music for music’s sake, giving it back life. Phil Minton and Veryan Weston say in their …..past project: ‘eating centuries’. Once again, traversing time.
Form, however, can become a ‘limit’, and this is perhaps what most torments music today. A special thanks goes to today’s pervasive ‘sense of industry’; it may be necessary, but it is too tight.
“… All this implies a certain openness to ‘listening,’ essential to communication.‘To listen’ means abdicating the assertive character of one’s own subjectivity; it means letting go of one’s egotistical attachment to preconceived ideas…” (Giorgio Magnanensi).
The curiosity of discovery, the desire to share, setting aside the time that’s needed: all ingredients necessary to overcome barriers that block our need to know, that don’t allow us to enjoy our experiences more freely, our attachment to habit that continually cripples passion and desire. Separation and distance, from the subject, with all its meanings, should help our understanding yet, after countless experiences, it seems as if someone still has to die before we really ‘see’ what that person has done or simply to recognize and convey it democratically to others. An elementary condition, the latter, that should be an integral part of what cultural institutions do.
Derek Bailey’s adventure is a testimony of liberty imprisoned in civilization.
Now I’m thinking about my friends from the Ring-Ring Festival in Belgrade who, like us, are far from the strategies and goals of war yet are nonetheless frozen, by the state of war, in impossibility, in emptiness. I am thinking of these friends and of all the other innocent victims of war. I am thinking of these people and it is to them that I dedicate this year’s Angelica, to those who cannot at the present time make their plans for life and for work, to those whose music has been silenced.
These are the ingredients to perceiving the flavour of the music presented in this edition, distinct & anarchical.
Music needs Silence. Silence produces Music. They love each other.
But every time we explain something (it seems as if), we destroy something.
Massimo Simonini
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