AngelicA 10
decima edizione – zorro
Bologna
5>13 maggio + 5>6 luglio 2000
>—> quaderno di AngelicA 10 – 2000
Topolino
Estratto da un testo mentale di molte pagine
10 anni di lavoro sono tanti. In questo momento li sento particolarmente pesanti. Sento la fatica di tanti piccoli passi per arrivare alla situazione d’oggi. Una situazione consolidata ma ancora fragile. Angelica è nata, come si dice in questi casi, dal “basso”. Per una iniziativa che si muove nell’ambito della musica ‘sperimentale’ questo rappresenta una difficoltà: per esempio, si è fuori dal ‘mercato della musica’ e dal ‘grande pubblico’. Il premio che la sorte può riservare in questi casi non può andare oltre a: a) avere un proprio affezionato seguito, b) buone relazioni con compositori e musicisti.
Ma le iniziative “dal basso”, per merito di sconosciuti ‘privati’, sono fragili in questi casi anche perché mancano spesso di risorse economiche adeguate e di ‘autorevolezza’ culturale. Aspetti in qualche modo legati l’uno all’altro. L’autorevolezza è data dal nome dei ‘garanti’, dal prestigio del soggetto che organizza, dalla posizione all’interno del mondo ‘ufficiale’ della cultura, e così via. Che è altra cosa dall’autorevolezza che si guadagna con il tempo e con la qualità del lavoro.
È inutile e fastidioso insistere sui problemi della situazione musicale italiana, se ne parla ovunque e anche in queste pagine del catalogo vi sono molti accenni. È tuttavia imbarazzante sentirsi diversi semplicemente perché ad Angelica sono presenti musicisti e compositori che sono di casa nei programmi delle istituzioni musicali di tutto il mondo occidentale e che in Italia non trovano posto nei repertori delle stagioni di musica e nei programmi artistici. Sentirsi diversi mentre si sta coprendo uno spazio che è in parte istituzionale, o per meglio dire ufficiale, in quanto coinvolge le figure principali della musica del dopoguerra.
A un piccolo festival sarebbe più consono il dinamismo della caccia nei territori vergini, le forme di nuova sperimentazione, piuttosto che la proposizione delle figure storiche dei ‘maestri’ e dei migliori ensemble del mondo.
Ne deriva che Angelica ha un anima istituzionale che la mette in una tremenda contraddizione, quella di non poter essere mai all’altezza del proprio ruolo.
L’edizione di quest’anno mostra particolarmente questo tipo di contrasto: fra musica da konzerthaus e ambienti della sperimentazione.
E la natura di passaggio e di trasformazione è ciò che caratterizza il momento attuale di Angelica, festival felice che non può essere ciò che vuole e non sa ciò che vuole, in quanto vuole essere molte cose.
Mario Zanzani
Passiflora
Angelica ‘000, Zorro (?), decima edizione, compie dieci anni.
Il progetto di Angelica, festival internazionale di musica, e anche etichetta discografica, i dischi di angelica, ha cercato nel corso degli anni di coniugare il piacere alla ricerca in musica. Attraverso una continua decontestualizzazione di luoghi e tempo, una programmazione variegata e in continua mutazione, è stato possibile presentare musica ‘apparentemente radicale’ (che si ha poco occasione di ascoltare), in un clima dove la conservazione era la regola da osservare. Angelica ha cercato di stimolare, in assenza anche di una attività istituzionale significativa (in Italia) in questo ambito, la vita musicale, in particolare della città in cui risiede (Bologna). Inoltre ha presentato e sostenuto dibattitti e incontri che affrontavano i problemi che affliggono la musica oggi.
Nata nel 1991 (prima edizione) mese di maggio. Ripercorrerne brevemente i suoi passi è come fare un catalogo di problemi, difficoltà, sofferto piacere; è ricostruire la storia di una identità mai definita e cangiante.
Nelle sue edizioni si è cercato di proporre aspetti, dinamiche, della musica, differenti, non solo per l’importanza della ‘varietà’ in una ‘vita’, musicale, ma anche per approcciarsi a questa ogni volta in maniera diversa, per una comprensione musicale meno didattica e fredda ma più emozionale.
Mary Iqaluk e Nellie Echaluk, le due cantanti esquimesi, qualcuno se le ricorderà, alla prima edizione nel concerto di apertura del festival con i loro ‘giochi di gola’, così antiche, preistoriche, e all’avanguardia come forse solo con l’aiuto della ‘tradizione’ si può essere; profondi e potenti, come anche ‘poveri’, semplici. Etnie, sembra, in estinzione (rifletto spesso sulla ‘potenza’ della tradizione, di certe musiche etniche, sulla loro profondità, sulla loro trasmissione di energia, sulla bellezza della musica, sulle nuove forme che ci insegnano, tutte forme che sembrano spontanee, non studiate ma istantanee). Il suono di quella edizione preludeva alle successive, era ampio e fluido, c’era ‘quasi tutto’ quello che ci sarebbe stato ma era nascosto, era travestito di un’altra cosa… Era l’inizio di una esperienza che aveva quasi più difficoltà a comunicare con ‘i suoi simili’ che con gli altri…
Angelica si propone di rappresentare ogni forma di ricerca musicale che si muova in ambiti non convenzionali, e che usi con libertà i molteplici materiali offerti dalle diverse tradizioni musicali. Una definizione dovuta, quest’ultima, che abbiamo usato molte volte, e che non mi ha ancora stancato. Dovuta perchè usando la dicitura “festival internazionale di musica”, ci è sempre stata chiesta un ulteriore spiegazione sulla definizione di musica: un’indicazione aperta a contenere la varietà della musica, con un’orientamento rivolto alla ricerca, o alla scoperta.
Dopo le panoramiche delle quattro scorse edizioni, rivolte alla scena olandese, canadese e giapponese, italiana, e inglese, in questa decima edizione gli autori coinvolti, di cui molti dagli Stati Uniti, e la loro collocazione nel panorama musicale, e di riflesso nel programma del festival, suggeriscono una volontà di ‘ibiridazione’ nella visione del presente musicale.
Angelica ibrida?. Diventa una domanda possibile viste le caratteristiche di questa edizione, ma anche in relazione alle quelle edizioni, e alla storia stessa di Angelica.
Angelica ospiterà autori che hanno partecipato a liberare la musica dalla ‘catalogazione’, a mantenerla in movimento, attraverso la creazione, l’invenzione, l’esplorazione.
La Monte Young espande la sua musica, con l’ausilio anche dell’improvvisazione, all’interno delle sue forme, delle sue composizioni, che a loro volta vengono dilatate, è un rapporto del tutto particolare che si ha con il tempo, vuol dire eludere il tempo. Non è più tempo è aria, non è una condizione contemporanea, dove la velocità e la virtuosità hanno la priorità, è, ancora, un altro stato dell’essere.
Un caro amico (Fausto), poco prima che partissi per l’India, mi disse riferendosi a quel paese: “Lupetto è un altro stato dell’essere”.
E’ così anche per il ‘minimalismo’ (che, se ci riferiamo a questo musicista, non si chiama più così…) di Terry Riley sempre più rotondo e ricco del suo fluido improvvisare, tra una canzone, Bill Evans e uno spirito, o lo spirito, dell’India.
Anche attraverso l’accostamento di elementi diversi all’interno di una serata può risultare una ‘forma ibrida’: Cecil Taylor in piano solo, prima del concerto per orchestra di Morton Feldman, è una combinazione che non vuole essere provocatoria, tutt’altro, cerca di essere una buona combinazione musicale, certo non si è abituati a questo, forse nelle nostre case si, ma ufficialmente no, credo non si sia mai visto. Vorrei che fosse presa con la semplicità di chi ascolta per ascoltare, senza ‘nessuna’ educazione musicale, se solo fosse possibile. Le ‘cascate’, classiche, di Taylor, con i suoi interludi di un tempo altro, si sciolgono in Feldman, come un preludio, al pianoforte dell’orchestra in Coptic Light.
Avete ascoltato John Tilbury “All Piano”, che esegue i pezzi per pianoforte solo, scritti da Morton Feldman? Sembra, in alcuni pezzi, un ‘chiaro free scritto’, visto da un altro punto di vista.
Il concetto di classisità, si potrebbe dire, proviene da ‘oggetti’ che hanno lasciato un segno importante, all’origine nuovo, e da molti altri che hanno seguito, imitato, questo segno, indicazione, nuova possibile strada; sarà qualcosa di eterno? Da queste parti sembra di si; sia concesso a tutti di usarlo in modo più flessibile e meno funereo.
Misha Mengelberg incontrerà gli studenti all’università; ha posto, e forse si è posto, una domanda, in occasione di questo incontro: “La musica improvvisata sopravviverà fino al 2010?”. Domanda questa che tra quegli appassionati che hanno attraversato questa meravigliosa pratica è probabile sentire, seppure formulata diversamente. Fa riflettere, sull’andamento delle cose, del mondo.
Improvvisazione che è molto cara anche a compositori e musicisti ‘insospettabili’, compresi quelli rifugiati nella ‘conservazione’, seppure sempre all’interno di una forma, niente di completamente free. Improvvisazione che corrisponde anche alla nascita, all’atto spontaneo e ispirato, che fa nascere una musica che poi viene composta, ordinata.
Misha doveva essere uno degli ospiti di Angelica con l’ ICP (Instant Composer Pool), ancora ‘incantesimo corrente poetico’, un’esperienza che ha oltre trent’anni, unica, un eterno collettivo, una dimostrazione rara che la musica dà al mondo. I motivi di questa assenza è meglio non spiegarli qui, meglio è seguire la musica; l’ICP suonerà in un’altra ‘dimensione’, la settimana successiva a quella di Angelica, non mancherò.
La musica si muove (“dove c’è circolazione c’è coscienza”) e fa spostare continuamente l’orientamento su di essa, è, quasi, meglio, essere disorientati, con quel sapore di: che cosa sto gustando?
Il disorientamento, o un modo di fruire inedito, può aiutare ad avvicinarsi a musiche che prima non si riuscivano ad ascoltare.
Angelica: un teatro portatile, ambulante.
A proposito di Angelica, su gli I King è uscito “il ricettivo” (senza mutamenti, nessuna linea), nel ‘libro secondo’ a pagina 283 ho letto: una cavalla appartiene alle creature della terra, essa corre sulla terra senza limite. Cedevole, devoto, propizio per perseveranza.
Il fiore, si sa, fa rumore, suona.
Lascia un eco, impercettibile, che sconvolge, piacevolmente.
Il fiore è armonico, parte di una realtà avvertita, raramente vissuta, dove sembra che noi stentiamo a sentirne il sapore, a vederne il colore.
Lo spazio e il tempo si dilatano inspiegabilmente.
Il segreto non si può dire per sua natura, ma da un altro punto di vista potremmo dire che non si può spiegare, non va spiegato va vissuto, perchè non lo si sa, non lo si conosce, ma si sente.
Grazie a tutti quelli visibili e invisibili che hanno aiutato Angelica a crescere.
Massimo Simonini
venerdì 5 maggio 2000 – ore 21.30 – Teatro Comunale
> John Zorn Bar Kokhba special edition for Angelica (State Uniti)
John Zorn sax alto, direzione, composizioni; Marc Ribot chitarra elettrica; Mark Feldman violino; Erik Friedlander violoncello; Greg Cohen contrabbasso; Cyro Baptista percussioni; Joey Baron batteria
sabato 6 maggio 2000 – ore 21.00 – Teatro Comunale
> Terry Riley pianoforte, voce (State Uniti)
> Orchestra del Teatro Comunale di Bologna diretta da Jurjen Hempel (Olanda)
Nottetempo Domenico Caliri (Italia)
La Vita Nascosta Massimo Semprini (Italia)
Quasi PQR Diego Stocco (Italia)
Side Wings: Slow Motion, Hot Foot, Still Guus Janssen (Olanda) La machine de l’être: Larve et l’aube, Maladresse, Entremelés John Zorn
soprano Julie Liston (State Uniti)
commissioni di AngelicA
domenica 7 maggio 2000 – ore 21.00 – Cinema Teatro Manzoni
> La Monte Young Just Stompin’
The Forever Bad Blues Band (State Uniti)
La Monte Young tastiera ‘just Intonation’; Jon Catler chitarra elettrica ‘just Intonation’; Brad Catler basso elettrico ‘just Intonation’; Jonathan Kane batteria;Marian Zazeela lighting design; Tom Dale Keever tecnico luci; Bob Bielecki tecnico audio
Young’s Dorian Blues in G (1960; ’61; …) La Monte Young
lunedì 8 maggio 2000
> AngelicA riposa…
martedì 9 maggio 2000 – ore 21.30 – Cinema Teatro Manzoni
> Eyvind Kang Garland of Virginal Co-ordinates
playground ensemble (Italia, Germania)
Stefano Zorzanello flauto; Maurizio Costanzo oboe; Ulrich Krieger clarinetto; Andrea Racheli fagotto; Mario Gigliotti tromba; Luigi Zardi tromba; Marc Stutz-Boukouya trombone; Alessandro Bonetti violino; Dimitri Sillato violino; Johannes Platz viola; Sebastiano Severi violoncello; Pierangelo Galantino contrabbasso;Walter Zanetti chitarra elettrica e acustica; Marco Dalpane tastiere, clavicembalo; Stefano Bussoli percussioni;Pierpaolo De Gregorio batteria
Eyvind Kang violino, direzione, composizione
ospiti: Mike Patton voce; Michael White violino; Timothy Young chitarra elettrica e acustica; Tucker Martine eEvan Schiller suono, movimento suono (State Uniti)
commissione di AngelicA
mercoledì 10 maggio 2000 – ore 21.00 – Teatro Comunale
> Cecil Taylor pianoforte (State Uniti)
> Orchestra del Teatro Comunale di Bologna diretta da Jurjen Hempel (Olanda)
Coptic Light (1987) Morton Feldman
(prima italiana)
giovedì 11 maggio 2000 – ore 21.30 – Cinema Teatro Manzoni
> Mirko Sabatini batteria, motori, oggetti MK Orchestrin (Italia)
> Edoardo Marraffa sax tenore (Italia)
> Guus Janssen Quartet (Olanda, State Uniti, Germania)
Guus Janssen pianoforte; Vincent Chancey corno; Dieter Manderscheid contrabbasso; Wim Janssen batteria
venerdì 12 maggio 2000 – ore 21.30 – Cinema Teatro Manzoni
> Eyvind Kang Garland of Virginal Co-ordinates
playground ensemble (Italia, Germania)
ospiti Mike Patton, Michael White, Timothy Young, Tucker Martine, Evan Schiller (State Uniti)
commissione di AngelicA
sabato 13 maggio 2000 – ore 21.30 – Cinema Teatro Manzoni
> Tibor Szemzõ Tractatus, Invisible Story
The Gordian Knot Music Company (Ungheria)
Tibor Szemzõ voce, flauto basso; Szabolcs Keresteö tastiere, ‘wind controller’; Zoltán Farkas chitarra elettrica; Mihály Huszár basso elettrico; Marcell Benkõ percussioni; Péter Magyar batteria, percussioni; Dj Nagagiradischi; Zoltán Regenye tecnico audio
Tractatus (1991; ’95) Tibor Szemzõ
per voce umana, musicisti, narratori; con 7 ‘video movementi’ di Péter Forgács
testi basati su Tractatus Logico-Philosophicus e Vermischte Bemerkungen di Ludwig Wittgenstein
(prima italiana)
Invisible Story (1996; 2000) Tibor Szemzõ
7 sketches su ‘pensieri’ di Béla Hamvas con le ‘immagini ritrovate’ da film privati e dall’archivio fotograficodi Budapest
(prima italiana)
sabato 13 maggio 2000 – ore 24.00 – Link (Sala Bianca)
> Mike Patton vs The X-ecutioners (State Uniti)
Mike Patton voce, elettronica
The X-ecutioners: Total Eclipse dj; Roc Raida dj; Mista Sinista dj
INCONTRI & ASCOLTI
sabato 6 maggio 2000 – ore 12.00 – Sala Mascarella
> John Zorn
domenica 7 maggio 2000 – ore 12.00 – Palazzo dei Notai
> Terry Riley
martedì 9 maggio 2000 – ore 12.00 – Palazzo dei Notai
> La Monte Young, Marian Zazeela
mercoledì 10 maggio 2000 – ore 12.00 – Palazzo dei Notai
> Guus Janssen
giovedì 11 maggio 2000 – ore 12.00 – Palazzo dei Notai
> Cecil Taylor
venerdì 12 maggio 2000 – ore 12.00 – Palazzo dei Notai
> Tibor Szemzo
sabato 13 maggio 2000 – ore 12.00 – Sala Mascarella
> Eyvind Kang
conduce: Franco Fabbri
mercoledì 5 luglio 2000 – ore 21.00 – Teatro Comunale
> Ensemble Modern (Germania) diretto da Peter Eötvös
solisti: Omar Ebrahim voce, Hermann Kretzschmar voce, David Moss voce
Frank Zappa – Greggery Peccary & Other Persuasions *
musiche di Frank Zappa (arr. Ali N. Askin; trascrizioni da ‘synclavier’ Todd Yvega)
Dental Hygiene Dilemma
The Black Page
Envelopes
Dupree’s Paradise
Put a Motor in Yourself
Naval Aviation in Art?
Amnerika
The Adventures of Greggery Peccary
Revised Music for Low Budget Orchestra
Get Whitey
A Pig with Wings
Night School
Moggio
The Dangerous Kitchen
X-Mas Values
Dietmar Wiesner flauto, piccolo; Catherine Milliken oboe, oboe d’amore, corno inglese; Roland Diry clarinetti; Wolfgang Stryi clarinetto basso, sassofoni; Noriko Shimada fagotto, controfagotto; Franck Ollu corno; William Forman tromba; Bruce Nockles tromba; Uwe Dierksen trombone; Sasha Johnson tuba; Jagdish Mistryviolino, violino elettrico; Freya Ritts-Kirby violino; Susan Knight viola; Hilary Sturt viola; Eva BöckerMichael M. Kasper violoncello; Hermann Kretzschmar pianoforte, campionatore, sintetizzatore; Ueli Wiget pianoforte, campionatore, sintetizzatore; Ellen Wegner arpa; Detlef Tewes mandolino; Mats Bergström chitarra elettrica e acustica; Jürgen Ruck chitarra elettrica e acustica ; Thomas Fichter contrabbasso, basso elettrico; Rumi Ogawa-Helferich percussioni; Rainer Römer percussioni; Pascal Pons percussioni; Peter Eötvös direzione; Norbert Ommer ingegnere del suono violoncello
(prima e unica data italiana)
giovedì 6 luglio 2000 – ore 21.00 – Teatro Comunale
> Ensemble Modern (Germania) diretto da Sian Edwards
Study # 2 Conlon Nancarrow (arr. Yvar Mikashoff)
Study # 3c Conlon Nancarrow (arr. Yvar Mikashoff)
Study # 12 Conlon Nancarrow (arr. Yvar Mikashoff)
Study # 7 Conlon Nancarrow (arr. Yvar Mikashoff)
Study # 5 Conlon Nancarrow (arr. Yvar Mikashoff)
Study # 14 Conlon Nancarrow (arr. Yvar Mikashoff)
Study # 6 Conlon Nancarrow (arr. Yvar Mikashoff)
Tango Conlon Nancarrow (arr. Yvar Mikashoff)
Piece for small orchestra Conlon Nancarrow (arr. Yvar Mikashoff)
Herakles II Heiner Goebbels
Mouvement (- vor der Erstarrung) (1983; ’84) Helmut Lachenmann
Ensemble Modern: Dietmar Wiesner flauto, piccolo; Christiane Albert flauto alto, piccolo; Catherine Milliken oboe, oboe d’amore, corno inglese; Roland Diry clarinetti; John Corbett clarinetto, clarinetto basso; Wolfgang Stryi clarinetto basso, sassofoni; Noriko Shimada fagotto, controfagotto; Franck Ollu corno; William Formantromba; Bruce Nockles tromba; Uwe Dierksen trombone; Sasha Johnson tuba; Gérard Buquet tuba; Jagdish Mistry violino, violino elettrico; Freya Ritts-Kirby violino; Susan Knight viola; Hilary Sturt viola; Eva Böcker violoncello; Michael M. Kasper violoncello; Hermann Kretzschmar pianoforte, campionatore, sintetizzatore; Ueli Wiget pianoforte, campionatore, sintetizzatore; Teodoro Anzellotti fisarmonica; Ellen Wegner arpa; Detlef Tewes mandolino; Mats Bergstrom chitarra elettrica e acustica; Jürgen Ruck chitarra elettrica e acustica; Thomas Fichter contrabbasso, basso elettrico; Rumi Ogawa-Helferich percussioni; Rainer Römer percussioni; Pascal Pons percussioni; Gregory Riffel percussioni; Sian Edwards direzione; Norbert Ommer ingegnere del suono
(prima e unica data italiana)
* Il concerto dell’Ensemble Modern che esegue Zappa è presentato dal Comitato Bologna 2000 in collaborazione con AngelicA. Una co-produzione di Ensemble Modern, Musik Triennale Koln 2000, musica viva/Bayerischer Rundfunk, Holland Festival, Comitato Bologna 2000/AngelicA Festival, EXPO 2000 Hannover GmbH, Konzerthaus Berlin/MOM GmbH & co. Classic Opern Air KG, Kultur Ruhr/Musik im Industrieraum. L‘EnsembleModern ringrazia Arabel von Karajan per il suo generoso sostegno.
Luoghi
Teatro Comunale Largo Respighi 1, Bologna
Cinema Teatro Manzoni via De’ Monari 1/2, Bologna
Link via Fioravanti 14, Bologna
Palazzo dei Notai via de’ Pignattari 1, Bologna
Sala Mascarella via Mascarella 44, Bologna
Partner
Associazione Culturale Pierrot Lunaire
CIMES – Centro Interfacoltà Musica e Spettacolo dell’Univeristà degli Studi di Bologna
con il sostegno di
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI – Dipartimento dello Spettacolo
REGIONE EMILIA ROMAGNA/PROVINCIA DI BOLOGNA – Assessorato alla Cultura
COMUNE DI BOLOGNA – Settore Cultura
COMITATO BOLOGNA 2000
Ambasciata del Regno dei Paesi Bassi
SMP Sistemi Metodologie Progetti
Radio 3 Rai
con la partecipazione di
LINK Project
con l’aiuto di
Radio Città del Capo
Radio Città 103
Radio K Centrale
Topolino
Abstract from a many-paged mental text
Ten years of work is a lot of time and I’ve been really feeling it over the past months. I feel the effort of a myriad of small steps that have brought us to the present situation, a situation that may be considered well-established but that is still fragile. Angelica was born, shall I say, “at the bottom” which is a problem for an undertaking that has to do with “experimental” music. This kind of music finds no room on the music market and concerts featuring it do not attract very “broad audiences.” The reward fate holds in store in cases like these cannot go beyond having a) a faithful following of afecionados, and b) good relationships with composers and musicians. But initiatives of this kind, created “at the bottom” thanks to the efforts and support of enthusiastic but “unknown” citizens, are fragile also due to inadequate fundingand lack of cultural “authoritativeness.” Aspects which are in some way bound to one another. Authoritativeness is bestowed by the name of who “vouches surety”, by the prestige of the organizers, by the position held in the “official” world of culture, and so on. This is not that same authoritativeness one earns over time and because of the quality of one’s accomplishments.
It is futile and bothersome to reiterate the problems facing Italy’s music scene, it’s a common theme and mention of it may even be found in the pages of this catalogue. It is, however, embarassing to be made to feel “different” simply because the Angelica Festival hosts musicians and composers that have no trouble getting billed by the music establishment in every Western country except Italy. To be made to feel “different” while covering an area that is in part “institutional”, or better yet “official”, in that the artists who are billed are some of music’s most important personages from the late fifties to the present. The energy of the hunt in virgin territory, the forms offered by new experimentation, and not by the historical figures of the “maestro” or by the best ensembles in the world, would be more in keeping with a small festival such as ours. The result is that Angelica has the soul of the music establishment and is therefore continually faced with the impossibility of “fitting into its own shoes,” so to speak.
This year’s edition makes the contrast quite evident: where what’s played in concert halls contrasts with what goes on in experimental environments. It is the nature of passage and of transformation that characterizes the phase Angelica is currently going through, a felicitous festival that cannot be what it wants to be and doesn’t really know what it wants because it wants to be lots of things.
Mario Zanzani
translated by Adriana Gandolfi
Passiflora
Angelica ‘000, Zorro (?), tenth edition, is ten years old.
The Angelica project, which includes not only the International Music Festival but also a record label, i dischi di angelica, has tried over these ten years to join pleasure to research in the field of music. A continual “de-contestualization” of place and time, a diversified and everchanging programming, had made it possible to present an “apparently radical” music (radical also because it is rarely performed), in a climate where “conservation” was the rule to follow. Also due to a strongly lacking involvement of Italy’s music institutions, Angelica has always tried to stimulate musical life in this sense especially in its parent city, Bologna. It has also hosted round tables and meetings of all kinds in order to create a forum in which to explore the problems afflicting music today.
Angelica, born 1991 (first edition) in the month of May. To briefly run through its life would be like making a catalogue of its problems, of the difficulties encountered, of suffered pleasure; it would be a reconstruction of the story of a neverdefined and changing identity.
Angelica has always tried to offer different aspects and dynamics of music, not only because of the fundamental importance of “variety” in music(al) “life”, but also to approach music differently with each edition, in order to express a less didactic and cold musical understanding and replace it with a more emotional one.
Mary Iqaluk and Nellie Echaluk, two Eskimo ‘throat singers’, someone may remember, performed opening night of the Festival’s first edition with their ‘vocal games’, were ancient, prehistoric, and avant-gard as perhaps only “tradition” can help create; deep and powerfull, but also ‘poor’, simple. Ethnic groups that are threatened by extinction (I often think about the “power” of tradition, of certain ethnic music, of its deepness and of the energy that it conveys, of the beauty of the music, of the new forms it teaches us, all ostensibly spontaneous, never “researched” but, rather, immediate). The sound of the first edition, a prelude to the ones that followed, was ample and flowing, “almost everything” that was to be was there but hidden, disguised as something else… It was the beginning of an experience that had almost more difficulty communicating with “its own kind” than with others’ …
Angelica seeks to represent every kind of musical research that moves in non-conventional circles, and that freely makes use of all the materials supplied by the different musical traditions. Angelica has been often described using these words, a description that is due. Due because, beyond the words “International Music Festival”, it has always been expected that we give a more extensive definition of music: an open indication that would contain the variety that is music, with a focus on research, discovery.
Following the panoramic picture offered by the last four editions, that addressed the music scenes of Holland, Canada, Japan, Italy and Britain, this tenth edition hosts composers, many of which come from the US, whose position on the music scene and consequently on this year’s program, displays a will for “hybridization” within the vision of music’s present.
Hybrid Angelica?. The question is made possible by the aspects that characterize this year’s edition, but also in relation to past editions, and to Angelica’s personal story.
Angelica hosts authors who have worked to free music from “classification”, to keep it moving, through creativity, invention, and exploration.
La Monte Young expands his music, aided at times by improvisation, within the forms he creates, within his compositions that are dilated in turn, a very distinctive relationship we have with time, which means eluding it. It is no longer time, it is air, it is not a contemporary condition in which velocity and virtuosity have the priority, but, still another state of being.
A dear friend of mine (Fausto), shortly before leaving for India, referred to that country with the following words: “‘Lupetto’, it’s another state of being.”
It’s the same thing for Terry Riley’s “minimalism” (which when speaking of this particular musician is no longer called this way…) which is always more rounded and enriched with his flowing improvisation, between a song, Bill Evans and a spirit, or the spirit, of India. Even the billing and ordering of different elements to be performed in one evening’s program can grow into a “hybrid form”: having Cecil Taylor perform his piano solo before Morton Feldman’s concert for orchestra was not intended to provoke; it is being offered this way because it’s a good match. No one is saying we’re used to matches of this kind, perhaps in our own homes we are, but not officially. I don’t believe it has ever been done before. I’m hoping it will be taken with the simplicity of who is listening for the sake of listening, with “no” musical background, if this were only possible. Taylor’s classic “waterfalls”, with interludes from other times, other tempos, dissolve, like a prelude, into Feldman’s piano playing in Coptic Light for orchestra. Have you heard John Tillbury’s “All Piano”, performing the pieces for piano solo written by Morton Feldman? In certain pieces, it’s like “clear free written music” when seen from another perspective.
One could say that the concept of what is classic comes from the “objects” that have left their mark, a sign that starts out as something new, but that is then taken up by others, imitated, a new possible direction is pointed out; will it become eternal? That it be given to everyone to use it in a more flexible and less funereal manner.
Misha Mengelberg will meet with university students, the question he’ll be asking them (and maybe one he has asked himself) is: “Will improvised music survive into the year 2010?” A question which many of those who have taken part in this marvelous practice have probably asked themselves, even if in a slightly different manner. It makes us stop to reflect on the course of things, on the direction in which the world is going.
Improvisation so dear to many “unsuspected” composers and musicians, including those who have fled to hide behind “conservatism”, even when remaining within a form, never completely free. Improvisation which also means creation, that spontaneous and inspired act that gives birth to a piece that will later be composed, ordered. Misha was to perform for Angelica this year with Instant Composer Pool, the ‘enchanted poetic current’, an experience that goes back thirty years, unique, an eternal collective, a rare demonstration given by music to the world. It’s better to leave out the reasons why they won’t be performing and follow the music; ICP will be playing in another ‘dimension’ the week after Angelica, and I’m not going to miss it.
Music moves (“where there is circulation, there is awareness”) and makes us constantly orient ourselves towards it, it would perhaps be better to be disoriented. Disorientation, or an unprecedented way of enjoying, may help us approach different kinds of music that we haven’t been able to listen to before.
Angelica: a portable theatre, strolling.
I Ching reading for Angelica was “receptive” (without changes, no lines), in Book II I read the following: a mare is a being of the earth, running about the land with no limits. Yielding, devout, propitious for perseverance.
A flower, it is known, makes noise, sounds. It leaves an echo, imperceptible, that mix up everything, pleasantly.
A flower is harmonic, part of a perceived reality, rarely experienced, wherein it seems we strain to feel its flavor, to see its color.
Space and time expand inexplicably.
A secret by its very nature cannot be told, but from another standpoint we could also say that it cannot be explained, because it is not to be explained but experienced. Feel it.
I wish to thank all those visible and invisible that have helped Angelica grow.
Massimo Simonini
translated by Adriana Gandolfi
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