venerdì 20 maggio 2016 – ore 21.30 – Centro di Ricerca Musicale / Teatro San Leonardo – BOLOGNA X
> Marc Monnet Portrait (Francia, Grecia) prima italiana
Marc Monnet (Francia, 1947)
Imaginary travel (1996); I. Safeway; II. The Cowbells; III. Flammable;
IV. Landscape; V. Between; VI. Lovely Louise; VII. Interior; VIII. Hot springs;
per pianoforte e live electronics prima italiana
Bibilolo (1997/2000); I. Handwurst; II. Pickled-Herring;
III. Chimpanz de Capelin; IV. Pantalon; V. Jean Potage; VI. Triboulet;
VII. Jack Pudding; VIII. Jean Farine; IX. Pagliaccio; X. Jimmy Warner;
XI. Bobèche; XII. Galimafrée; XIII. Chocolat; XIV. Chico, fou du roi;
per 6 percussioni elettroniche – versione per 6 tastiere midi prima italiana
Laetitia Grisi tastiere; Julien Martineau tastiere;
Stéphanos Thomopoulos pianoforte, tastiere;
Thierry Coduys live electronics, regia del suono
musiche di Marc Monnet
a cura di Marc Monnet
X un certain regard… un progetto di AngelicA; nell’ambito di La Francia in scena, stagione artistica dell’Institut français Italia realizzata su iniziativa dell’Ambasciata di Francia in Italia, con il sostegno dell’Institut français Italia e del Ministère de la Culture et de la Communication, della Fondazione Nuovi Mecenati, della Sacem Copie Privée, della Commissione europa (Europa Creativa) e del Ministero dell’Istruzione italiano dell’Università e della Ricerca – Afam (MIUR – Afam)
Biglietti 8 €/ ridotto 5 €
per studenti dell’Università di Bologna e del Conservatorio di Musica “G. B. Martini” di Bologna
ai possessori della Card Musei Metropolitani verrà applicato uno sconto di 2 € a ogni concerto (eccetto concerto del 15 maggio a Modena)
La Biglietteria apre 30 minuti prima dell’orario del concerto
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Una serata dedicata al genio irriverente del francese Marc Monnet, con due lavori come Imaginary Travel e Bibilolo che sovvertono le aspettative in un incontro tra tecnologia e gioco che non manca di stupire chi lo ascolta.
Nel 1996, con Imaginary Travel, Monnet ha affrontato un’altra volta il pianoforte. Non si è limitato, tuttavia, a utilizzarlo da solo: ha aggiunto allo strumento elementi elettronici. Nelle sue sette componenti (Safeway, The cowbelles, Flammable, Landscape, Between, Lovely Louise, Interior, Hot springs), Imaginary Travel, che si può dire abbia preso ispirazione da alcune fotografie di Wim Wenders, è un’opera trasversale, in cui lo specifico spazio sonoro del pianoforte è de-moltiplicato attraverso l’azione dell’elettronica. Tra la tenue dinamica, in uno spazio che sembra essere una parte, tra le altre, di un universo cosmico in espansione in(de)finita, siamo testimoni dell’apparizione e scomparsa di punti sonori (che ricordano frammenti prodotti da gamelan lontani, il loro suono attutito che ci raggiunge in ritardo), brevi ritagli melodici e armonici o, nel finale Hot Springs, un frammento musicale enfaticamente articolato (non potrebbe forse essere un’eco presa in prestito da The Great Gate of Kiev in Pictures at an Exhibition di Mussorgsky?) che cade a pezzi prima di disintegrarsi e raggiungere l’anonimato.
“Bibilolo è un’opera interamente consacrata alle percussioni elettroniche, riflesso delle percussioni di oggi. Scritto per 6 tastiere, ciascuna composta da 32 sensori attivati dalle dita dei percussionisti, questo brano radiofonico apre in maniera pertinente una strada per la musica di domani.
Bibilolo è un gioco: un balbettio, il gioco dei suoni, la giocoleria… Il piacere è l’elemento dominante. I suoni sono “puliti”, animaleschi o totalmente saturi.
Sono presenti anche suoni “della memoria”, che possono far venire alla mente i pigmei o la musica irlandese. Volevo uno spazio libero, qualcosa in grado di inventare sé stesso. Non avevo più paura e mi ero lasciato alle spalle la necessità di giustificare un lavoro “serio”. Ora, non sono meno razionale su questo argomento. Sono ritornato bambino (questo pezzo è dedicato al mio figlio primogenito Jules), uno che gioca con le cose senza chiedere da dove vengono, e anche se certe pseudo-melodie si sono già sentite altrove, le riprendo, le rigiro, le trasformo, ci gioco… Ho sognato un altro bambino con altre formule magiche, come ne “L’Enfant et les sortilèges” di Ravel…
L’uso dei suoni elettronici risponde in maniera soddisfacente a questo bisogno di qualcosa di immaginario. È questione di “modellare” il suono, di inventarlo (più di 400 diversi suoni nel pezzo…). Ho scelto una modalità di sintesi che non è più di moda: la FM (modulazione di frequenza), tipica del sintetizzatore DX7. Questa scelta è legata allo stesso desiderio di giocare: anche con giocattoli del passato, posso ancora godermi il gioco, e mi sembra possibile creare nuova musica con strumenti degli anni Ottanta e Novanta. Non sto confondendo la concezione con lo strumento. Posso prendere uno strumento qualsiasi, purché si pieghi alla mia concezione.
Ho “giocato” anche con Les Percussions de Strasbourg. Volevano che scrivessi un pezzo per loro, per i loro strumenti (percussioni a pelle, tastiere…), ma ho suggerito un’altra strada: inventare degli strumenti che, al tocco, producessero suoni elettronici. Esistono molti “pad” per percussionisti sul mercato, ma volevo una sensibilità molto maggiore, soprattutto per le mani. In quel periodo stavamo scoprendo i sensori di pressione. Feci quindi costruire degli strumenti apposta per loro, grazie all’associazione Attentat, che all’epoca riceveva supporto dal Ministero della Cultura. Bisogna notare che questi strumenti sono molto sensibili agli attacchi (127 gradi!). La produzione di questi strumenti elettronici (concepiti da Emmanuel Fléty) è poi stata ripresa e commercializzata dall’IRCAM (Istituto di Ricerca e Coordinazione Acustica/Musica di Parigi).
Bibilolo è quindi un pezzo decisamente “speciale”, per i giovani e meno giovani che vogliono abbandonarsi a un immaginario sfrenato, leggero, felice e a volte tragico!”
Marc Monnet
L’apprendistato – mai nascosto – di Marc Monnet (1947) con Mauricio Kagel alla Musikhochschule di Colonia non ne fa solo un “figlio di Kagel”. Molto più semplicemente, al suo fianco, si convinse che “l’opera d’arte” è mostruosamente impura, e che la Storia (della musica) è troppo pesante per non riderne (non ne è affatto ossessionato). Quando i suoi colleghi compongono musica e scrivono critiche, lui associa la sua creazione ad un approccio critico tanto acuto quanto divertito (i titoli delle sue composizioni lo testimoniano).
Nelle ottanta opere realizzate fino ad oggi è quindi inutile cercare il filo conduttore di quello che potrebbe essere un catalogo. Solamente l’atteggiamento che precede la composizione funge da minimo comune denominatore: « Ogni opera nasce in modo originale, quindi non replicabile, la maggior parte delle volte in maniera discontinua. Ad ogni istante sorge la domanda: cosa fare di ciò che, incongruo, si presenta?»
Austera o esuberante, tragica o decisamente ironica, ogni partitura di Marc Monnet sviluppa la propria dialettica tra la sua esistenza sonora e lo spazio – acustico, umano e sociale – nel quale essa viene proiettata. In un ensemble dove gli atti scenici sono comunque minoritari, ogni opera secerne il suo materiale e i suoi dispositivi sonori, la sua teatralità gestuale e spaziale, così come la sua relazione con gli interpreti e il pubblico. A mala pena si nota una particolare predilezione per i registri gravi.
Sebbene si rifiuti di insegnare, Marc Monnet incontra spesso diversi tipi di pubblico durante le residenze in varie istituzioni culturali. Ma questa vita “civile” non è di alcun aiuto per delineare il ritratto musicale di un compositore che detesta la vena autobiografica e si preoccupa di eliminare tutte le scorie che impediscono all’ascoltatore – mai risparmiato – di scoprire la poesia e il progetto di ogni opera […]
Monnet fonda nel 1986 la sua compagnia di teatro Caput mortuum, per rispondere al suo bisogno di ripensare il teatro musicale. Per la scena, compone Inventions (1986), Commentaire d’inventions, su un suo stesso testo, (1987), Probe per voce e sistema MIDI(1989), Fragments per cinque interpreti vocalizzatori-attori-gesticolatori, due soprani, ensemble e sistema in tempo reale (1993), così come delle composizioni per la danza Ballets roses (1982), Épaule cousue, bouche ouverte, cœur fendu, per controtenore, violino, due pianoforti e ensemble (2009-2010), versione balletto della composizione dallo stesso nome per ensemble e elettronica (2008). Nel 2000-2004, compone Pan!, opera per voce, attori, coro, orchestra e elettronica.
Il suo catalogo contiene anche una grande parte di musica solista e da camera: dalle composizioni per pianoforte La joie du gaz devant les croisées nel 1980 ai più recenti En pièces (2007) e En pièces, deuxième livre (2009-2010), una serie di Fantasies per strumenti a corda solisti, numerosi trii e sette quartetti d’archi, tra cui il settimo è stato composto nel gennaio 2010. Un concerto per violoncello Sans mouvement, sans monde è stato composto per Marc Coppey in settembre 2010.
Marc Monnet dirige dal 2003 il festival du Printemps des Arts di Monte-Carlo.
Laetitia Grisi si è diplomata in pianoforte al Conservatorio di Nizza nel 1996. Forte di studi letterari (è laureata in storia e geografia e ha un master in storia antica), ottiene il diploma superiore in pianoforte nel 2005 al Conservatorio di Lione.
E’ finalista del concorso internazionale Brahms a Portschach (Austria) nel 2004, del concorso internazionale di Valberg (FR) di pianoforte a quattro mani nel 2006 con Julien Martineau. Nel 2015 è semifinalista del concorso internazionale di Cantù (IT). Insegna al Conservatorio di Nizza dal 2006.
Appassionata di musica di camera, fa parte dei «Pianotokés» da otto anni, con spettacoli che uniscono teatro, musica e umorismo.
Julien Martineau ha studiato pianoforte a Angers, al Conservatorio di Boulogne Billancourt e si è diplomato nel 2005 con le congratulazioni della giuria al Conservatorio di Lione .
Nel 2004 ottiene il terzo posto nel Concorso Internazionale di pianoforte Lalla Meryem di Rabat (Marocco) e nel 2006 il secondo posto nel concorso internazionale di musica di camera di Lione, con la cantante Anaik Morel.
Diplomato al master di pedagogia di pianoforte e pianista accompagnatore al Conservatorio di Nizza dal 2012.
Attivo come musicista da camera e nella stagione musicale dell’opera di Nizza, con i «Pianotokés» e la loro divertente miscela di musica e comicità suona in tutta la Francia, ma si dedica anche alla composizione di musiche per cortometraggi.
Il repertorio dell’avventuroso pianista Stéphanos Thomopoulos spazia da Liszt, Debussy, Rachmaninoff e Scriabin alla musica contemporanea, ma si spinge spesso anche nei territori in cui si incontrano teatro, arte, ricerca e pedagogia.
Ha studiato a Salonicco, Colonia, Parigi e Amsterdam e ha suonato in Europa, Asia e America, in contesti prestigiosi come il festival Printemps des arts de Monaco, la Cité de la Musique, il Concertgebouw o la Alti Hall di Kyoto, ma anche al teatro antico di Epidauro o alla Cecilia Mireiles Hall di Rio de Janeiro.
Ha collaborato tra gli altri con Arditti Quartet, Patrice Fontanarosa, Shani Diluka and Loïc Schneider. Ha registrato l’opera omnia di Xenakis per pianoforte (Timpani Records, 2015) e la sua curiosità multidisciplinare lo ha portato a creare le musiche per “La Marquise d’Ô” di Kleis con la regia di Lukas Hemleb o la performance «Le piano et le salon de musique». È stato il primo pianista in Francia a avere completato un dottorato in performance al Conservatorio di Parigi, con un lavoro sul pianoforte in Xenakis. Insegna al Conservatorio di Nizza.
Artista, musicista e esperto di nuove tecnologie, Thierry Coduys è specializzato in progetti multidisciplinari in cui le arti contemporanee incontrano l’interattività.
Ha lavorato sin dagli anni Ottanta a stretto contatto con l’avanguardia musicale contemporanea (Karlheinz Stockhausen, Steve Reich), realizzando sistemi elettronici e elettroacustici per installazioni e performance dal vivo.
Dopo alcuni anni di ricerca all’IRCAM di Parigi, è stato assistente di Luciano Berio, per poi fondare nel 1999 il centro di ricerca artistica e tecnologica “La kitchen”, in cui artisti provenienti da discipline diverse (musica, danza, teatro, video…) possono sviluppare i propri progetti in collaborazione con il team. Nel 2007 lancia la piattaforma “Le Hub”, network che mette a contatto discipline artistiche, scientifiche e tecnologiche, nell’intento di dare un contesto più flessibile e aperto ai progetti.
Collabora con compositori come Pascal Dusapin, Ivan Fedele e Marc Monnet, così come con il regista teatrale Jean-François Peyret.
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