
John Oswald
domenica 3 maggio 2015 – ore 21.30 – Centro di Ricerca Musicale / Teatro San Leonardo – BOLOGNA //
> John Oswald plunderphotonics & chronoscopia (Canada) prima assoluta
John Oswald (Canada, 1953)
prima parte: plunderphotonics – una retrospettiva di video per plunderphonics
Jolene both ways; cantata da Dolly Parton (1973);
performance al giradischi di John Oswald (1981);
3’33” (2013) prima europea
paused on the threshold 0’45” (2014) prima europea
12 atmospherès; orchestrazione di György Ligeti (1961)
mixato e animato da John Oswald; 9’14” (2014) prima europea
BOOM; rap di MCHammer; danzato da Susanna Hood;
da Spinvolver (2005) opera conferenza di danza solo di John Oswald;
2’44” (2005) prima europea
invaria; con Glenn Gould; 3’55” (2000/2014) prima europea
panorama; panorama schematico di tutte le Goldberg Variations di
J.S. Bach, concepito da Reginald Godden, eseguito da Casey Sokol,
dimostrato visualmente da Glenn Gould; 1’33” (2014)
prima europea
dab; cantata da Michael Jackson; 7′ (1989/2014) prima europea
spRite; interpretazione della versione per pianoforte a 4 mani
della Sagra della Primavera di I. Stravinsky;
arrangiamento di John Oswald; 13’46” (2013) prima europea
prePlex; 14’14” (1992-2015) prima assoluta
seconda parte: chronoscopia – una campionatura di studi su tempo, osservazione e ascolto
qui / XXIX; video diretto da Laurel MacDonald, basato su una
installazione di John Oswald; 6′ (2007/2011) prima italiana
ground video; 25′ (2015) prima assoluta
aparanthesi live; con John Oswald; 30′ (2003/2015) prima europea
video e musiche di John Oswald
a cura di John Oswald
progetto commissionato da AngelicA
// con il sostegno del Conseil des Arts du Canada
Biglietti 8 €
La Biglietteria del Centro di Ricerca Musicale /Teatro San Leonardo apre 30 minuti prima dell’orario del concerto
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plunderphotonics
una retrospettiva di video per plunderphonics
Il termine plunderphonics indica un tipo di musica familiare, riconfigurata in modo che suoni diversa, ma in parte ancora riconoscibile. Anche se iniziai a creare pezzi con questa tecnica verso la fine degli anni sessanta, ne composi la maggior parte negli anni ottanta, agli albori dell’era di MTV (Music Tele-Vision). A quel tempo non facevo ‘video musicali’ per diversi motivi: uno di questi era che non provavo particolare interesse per l’attrezzatura che si usava per l’editing e la produzione dei video. Trent’anni dopo, le cose sono cambiate: ora è possibile usare un solo apparecchio – un computer – per l’editing di video e musica. Gli strumenti sono simili, e quello che si impara usando una digital audio workstation può in genere essere applicato a un software per editing video, e viceversa.
L’idea di rivisitare le tracce del progetto plunderphonics come colonne sonore per video mi venne da un video virale su YouTube in cui una canzone di Dolly Parton veniva rallentata (in altezza e velocità) di un terzo, fino a ricordare la voce di un aitante tenore. Milioni di persone avevano ascoltato il pezzo, accompagnato da un’immagine fissa. Un paio di utenti commentavano facendo notare che io avevo fatto la stessa cosa con lo stesso disco nei primi anni ottanta, usando un giradischi.
A quel punto pensai che avrei voluto far ascoltare a più persone la mia “Jolene“, in cui ho creato una modulazione tra la velocità ‘normale’ e quella lenta. Trovai quindi un videoclip di una giovane Dolly Parton che cantava la canzone in TV, e passai un po’ di tempo a sincronizzare il video della sua performance con la mia versione a 2 velocità. Poi la mia etichetta, Fony, pubblicò il risultato su YouTube.
Mi piaceva quella particolare sintonia tra il video e l’audio, e iniziai a sperimentare diversi metodi da applicare ad altri brani di plunderphonics per trasformarli in colonne sonore, per poi raccogliere i risultati in un canale di YouTube.
Una caratteristica interessante della maggior parte dei video di YouTube è che sono disponibili allo stesso prezzo dei dischi e CD di plunderphonics che pubblicai negli anni ottanta: gratis.
chronoscopia
una campionatura di studi su tempo, osservazione e ascolto
Questi video esplorano un territorio diverso da quello di plunderphonics. Alcuni sono anche piuttosto diversi da altri nella stessa categoria.
Il tempo è l’aspetto dei media percettivi (suono, visione e memoria) che più mi interessa. Tendo inoltre a esplorare gli estremi, i punti in cui il tempo sembra sia sul punto di fermarsi o, al contrario, in cui non c’è abbastanza tempo per percepire qualcosa prima che scompaia, e il rapporto che questi estremi hanno con il tempo reale, se è così che vogliamo definire il ritmo del tempo in cui viviamo.
Un altro aspetto della rappresentazione visiva a cui mi attengo sempre nei miei lavori esposti in gallerie, musei e spazi pubblici e condizionati dalle caratteristiche dello spazio in cui si trovano è la scala naturale: mostrare persone alle loro dimensioni naturali, alla distanza e nella posizione in cui sarebbero tagliati in due dal piano dello schermo; ci si può avvicinare a queste immagini e guardarli negli occhi.
Altri video (alcuni di paesaggi) sono in scala estremamente ridotta, delle dimensioni di un francobollo.
Siamo così abituati a guardare gigantesche facce hollywoodiane su grandi schermi e piccole immagini sui nostri dispositivi smart, che questa idea della scala naturale nei media può sembrare strana. Tuttavia, permette alle immagini di integrarsi meglio nei luoghi dove vengono viste.
Altre immagini vengono generate casualmente durante il tempo di visione e possono andare avanti per sempre senza ripetizioni. Non hanno inizio né fine.
In occasione di questa proiezione tutti i video saranno mostrati in stile hollywoodiano, su un grande schermo, ciascuno con un inizio e una fine.
ground
Stamattina Massimo Simonini mi ha mandato un’email, chiedendomi di scrivere una breve introduzione alla mia serie di video intitolata ground. Non sapevo esattamente cosa scrivere perché non avevo ancora scelto quali tra i video di quella serie far vedere a Bologna.
L’anno scorso, all’inizio della primavera, ero solito sedermi per terra nel giardino di casa mia con una videocamera portatile.
Con questa improvvisavo una ripresa continua di alcuni minuti, eseguendo ripetuti movimenti di tracking e panning su una piccola area del giardino, di solito non più grande della pagina di un libro o del programma di un festival. L’obiettivo della videocamera metteva a fuoco un’area ancor più piccola, delle dimensioni dell’iride di un occhio umano, proprio di fronte alla videocamera, spesso toccandola, e i microfoni stessi sfregavano sul terreno. In questo modo osservavo il decadimento dell’anno precedente e i primi segni di nuova vita dell’anno in corso.
Ho molti di questi video, che chiamo ground (terreno), dato che sono stati girati proprio a livello del terreno, e anche perché vi sono molti interessanti scambi tra ‘soggetto’ e ‘sfondo’ (in inglese, sempre ‘ground’, n.d.t.) in queste piccole composizioni in tempo reale.
Oggi pomeriggio il sole è spuntato dalle nuvole. Il giardino è ancora principalmente bianco e nero per la neve che si scioglie, il terreno e la fanghiglia accumulati durante un inverno particolarmente lungo, ma in alcuni punti il verde sta cominciando ad apparire, e il sole rivela molti altri colori attutiti in miniatura. Mi sono seduto in giardino con la mia piccola videocamera e ho iniziato a esplorare un piccolo angolo ‘selvaggio’. Forse perché è passato quasi un anno dall’ultima volta che si era vista questa particolare combinazione di inverno e primavera, ed erano mesi che non faceva abbastanza caldo da potersi sedere per terra, sono rimasto lì a filmare per circa mezz’ora prima di accorgermi che mi si era addormentato un piede e che il sole aveva iniziato a scendere.
Sto guardando e ascoltando le riprese ora, mentre scrivo, e penso che questo sarà il ground che farò vedere a Bologna.
(John Oswald, marzo 2013)
John Oswald
Nato nel 1953 a Kitchener (Ontario), gli esordi discografici di Oswald avvengono come sassofonista nell’ambiente della musica improvvisata canadese, con due Lp del ’78 in compagnia di Henry Kaiser e Toshinori Kondo; esperienze cui tornerà occasionalmente, specie in concerti con il CCMC di Michael Snow.
Nell’80 fonda la collana Mystery Tapes Laboratory, cassette vendute per via postale di estratti sonori montati e/o manipolati ma difficilmente identificabili, del tutto prive di note di copertina esplicative. Famosissimo divenne invece in tutto il mondo il termine Plunderphonics (“saccheggiofonìa”), con l’omonimo cd dell’89: con fonti facilmente riconoscibili all’ascolto come Michael Jackson, Beatles ed Elvis Presley, per di più dichiarate meticolosamente nelle note di copertina, la Canadian Recording Industry Association richiese la distruzione di tutte le copie malgrado il cd non fosse mai stato messo in vendita, ma solo regalato alle emittenti radiofoniche. Passò invece senza conseguenze il taglia&cuci di brani pop del cd Plexure, pubblicato dalla Avant di Zorn nel ’93. E furono addirittura commissionati dalla casa discografica Elektra l’Ep (solo promo) Rubáiyát con rielaborazioni plunderfoniche di Doors e Metallica, e dai Grateful Dead stessi Grayfolded (1993-96), montaggio di oltre 100 esecuzioni di Dark Star, uno dei brani-cardine dei leggendari live del gruppo. Del 2003 èAparenthesi, studio estremo di variazioni timbriche su un’unica nota tratto dal morphing di fonti sonore concrete e strumentali. Oswald ha inoltre creato numerosi lavori per la danza, e composizioni per strumenti acustici dal violoncello solo all’orchestra, tra cui Orchestral Tuning Arrangement (94) per AngelicA, b9 (2011, tratto dalle nove sinfonie di Beethoven) per Ensemble Modern, e I’d love to Turn (da Ligeti, Terry Riley e i Beatles) per il Tectonics Festival 2014 di Glasgow diretto da Ilan Volkov.
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