martedì 6 maggio 2014- ore 17.30 – Museo della musica / Laboratorio 1 – BOLOGNA ^
> Mario Bertoncini, Nicola Sani – introduce e conduce Daniela Tortora
Ragionamenti musicali in forma di dialogo: X e XII (Aracne editrice)
Ingresso libero
mercoledì 7 maggio 2014 – ore 21.30 – Centro di Ricerca Musicale / Teatro San Leonardo – BOLOGNA
> Mario Bertoncini Arpa eolia, pianoforte: un’assonanza plausibile (Italia)
Mario Bertoncini (Italia, 1932)
AN AMERICAN DREAM (1974); per pianoforte preparato
ISTANTANEE I (1995/2006); per arpa eolia circolare
ISTANTANEE II (1995/2006); per arpa eolia circolare
ALLELUIA (1982); per 7+1 gong giapponesi suonati su una meccanica di pianoforte a coda
SUITE ’99 “COLORI” (1999); per fädenklavier (pianoforte “a fili”)
Mario Bertoncini pianoforte, pianoforte “a fili”, arpa eolia circolare, registratori
musiche di Mario Bertoncini
a cura di Nicola Sani
Biglietti 7 €
La Biglietteria apre 30 minuti prima dell’orario del concerto
An American Dream (durata variabile: ca. 10′) è un insieme di 33 moduli ritmici affidati alla mano destra del pianista e agenti su sette suoni “preparati” alla maniera cageana, che grazie alla ripetizione costante producono molteplici variazioni metriche. Contemporaneamente la mano sinistra, mediante una piccola ruota di gomma che sfiora alcune corde gravi in determinati punti nodali, genera suoni tenuti (armoniche) per l’intera durata del brano.
Istantanee I (1995) (durata: 7′ 38”)
Istantanee II (2006) (durata variabile: ca. 12′)
Il lavoro si basa su uno dei 20 generatori eolici di suono impiegati per Venti (1982), e costruiti secondo il principio dell’arpa eolia. Nel 1995, a conclusione d’una cosiddetta “Sommerakademie” da me diretta al castello di Trebnitz nella Prussia orientale, ebbi l’idea di esporre alla mera azione del vento una delle mie arpe eolie circolari d’un metro di diametro e registrarne il risultato senza interferire sullo svolgimento sonoro; cioè con la stessa maniera automatica secondo la quale si fissa sull’obiettivo della macchina fotografica un oggetto, un paesaggio, ecc. Le diverse “istantanee” così ottenute inclusero ovviamente anche rumori accidentali dovuti sia al paesaggio circostante (lontano abbaiare di cani, stridio di uccelli, ecc.), sia incidenti non voluti, ma per altro intenzionalmente preordinati o quantomeno desiderati – diciamo – al loro stato potenziale: il lieve rimbalzare d’un filo elastico contro la cordiera dell’arpa, l’urto d’un coleottero o d’un filo d’erba, il reiterato percuotere d’una corda bassa, non sufficientemente tesa, contro la corda contigua.
Per Istantanee II, lavoro che ho iniziato ad elaborare nell’autunno del 2006 per invito congiunto del CRM (Centro Ricerche Musicali di Roma) e del CEMAT, in occasione del decennale di quest’ultima associazione, la “scultura di suono” è la stessa arpa circolare usata per Istantanee I; a differenza di quello, però, la modulazione avviene qui non con l’azione naturale del vento ma mediante l’attività di un esecutore. Questi mette in vibrazione le corde dell’arpa in tre maniere diverse, corrispondenti a tre grandi sezioni temporali del pezzo: la prima con due ugelli di aria compressa, la seconda con tre piccoli ventilatori di cui uno fisso e due mobili e la terza, infine, col fiato.
Come ho già tentato di spiegare in sede teoretica altrove (nel dialogo “Arpe eolie ed altre Cose inutili”), lo svolgimento musicale – cioè temporale – del lavoro avviene liberamente nell’ambito d’una strategia formale derivata dalle proporzioni della Sezione Aurea calcolata sulla base della durata di Istantanee I.
Istantanee III, la terza parte della trilogia, è tuttora sul mio tavolo da lavoro. Essa si baserà sulla combinazione delle due precedenti parti, e impiegherà anche una manipolazione elettronico-digitale in tempo reale.” – Mario Bertoncini
Alleluia (durata variabile: ca. 14′) Otto gong (7 gong giapponesi antichi + 1 gong Paiste di 70 cm.) ruotano orizzontalmente su una tastiera di pianoforte a discrezione dell’unico esecutore. Rapide costellazioni poliritmiche generano un fluire di colori cangianti corrispondenti alle diverse angolazioni assunte dalle varie zone di risonanza dei gong per rapporto alla curva del supporto rotante (cui gli strumenti sono sospesi) con la linea retta rappresentata dal punto di percussione dei martelletti.
Suite ’99 “Colori” (durata approx.: 12′) consiste in cinque movimenti da eseguire senza interruzione. Ciascuno di essi è contrassegnato da un colore scelto arbitrariamente per analogia “non-funzionale” (I°: Rosso scuro; II°: Verdazzurro; III°: Azzurro manganese; IV°: Giallo cadmio chiaro; V°: Verde cinabro scuro) ed è basato su procedimenti volti ad ottenere suoni continui sul pianoforte (quasi prodotti da strumenti ad arco) che l’autore ha trovato e dimostrato spesso in pubblico a partire dai primi anni sessanta. Grazie alle speciali “preparazioni” impiegate, i quindici suoni fondamentali alla base del lavoro generano spettri di “armoniche superiori ed inferiori” non offensivi per l’orecchio d’un ascoltatore contemporaneo.
Mario Bertoncini
Compositore e musicista tra i più significativi dell’avanguardia Italiana, sperimentatore dei confini e delle possibilità sonore degli oggetti, si diploma in composizione sotto la guida di Goffredo Petrassi e in pianoforte con Rodolfo Caporali. Nel 1960 visita frequenta i seminari di Bruno Maderna presso i Ferienkurse di Darmstadt, e nel 62 segue ad Utrecht i corsi di musica elettronica tenuti da Gottfried Michael Koenig. Come concertista al pianoforte, alterna la presentazione di musiche del repertorio classico e contemporaneo (da Scarlatti a Satie, Stravinsky, Schoenberg, Bártòk, Stockhausen, Cage, Brown, Feldman, ecc.) a quella delle proprie installazioni sonore. A partire dal 1962 inizia a “preparare” strumenti acustici secondo tecniche inedite, con o senza l’impiego dell’elettronica dal vivo. Dal 65 al 72 fa parte del Gruppo di Improvvisazione Nuova Consonanza, incidendo con loro diversi Lp (su RCA, Deutsche Grammophon, General Music, Cinevox), e dirige per un triennio l’omonima associazione. Dal ’73 al ’75 è a Berlino in qualità di “artist in residence” del D.A.A.D, e inizia a progettare ed a costruire oggetti sonori (“sculture di suono” tese a liberare il concetto di forma sonora dallo svolgimento temporale) basati sul principio dei suoni eolici; tra essi Vele, arpe eolie di sette metri d’altezza, Chanson pour instruments à vent, assemblage per arpe e gong eolici per un solo esecutore, e Venti, per 20 generatori eolici di suono e quaranta esecutori.
Lavora anche, dalla seconda metà degli anni sessanta, nel teatro musicale, con una serie di lavori (tra cui Spazio-Tempo, rappresentato alla Biennale di Venezia nel ’70) nei quali propone una relazione funzionale tra tutti gli elementi che concorrono allo svolgimento dell’azione scenica cui dà il nome di “Teatro della Realtà”. Brevetta nel 1986 il cosiddetto Choreophon, un sistema di trasduzione senza contatti del gesto coreografico in suono, e nello stesso anno fonda il gruppo VIE assieme alla danzatrice Martina Schaak ed il regista Roberto Capanna.
A lato dell’attività compositiva, Bertoncini coltiva quella letteraria in varie forme: a partire dal 1976 scrive saggi su argomenti musicali, che esaminano temi come il rapporto tra composizione e esecuzione, tra improvvisazione e notazione ecc. in forma dialogica, ispirata al dialogo platonico classico. Tra questi, i “Ragionamenti musicali in forma di dialogo: X e XII” pubblicati nel 2013 da Aracne. Dal 1978 ha inizio anche un’attività poetica, che ha prodotto circa quattrocentocinquanta sonetti in dialetto romanesco, pubblicati in antologia dalla Äolus Verlag di Berlino.
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