sabato 6 maggio 2017 – ore 21.30 – Centro di Ricerca Musicale / Teatro San Leonardo – BOLOGNA
> Ghédalia Tazartès SOLO (Francia) X
Ghédalia Tazartès voce, oggetti, nastri
musiche di Ghédalia Tazartès
> Tenores di Bitti “Mialinu Pira” CONTONANNE IN BOLOGNA (Sardegna)
ISTERRITA (profano)
ANGHELOS CANTADE (sacro)
BALLU SERIU (profano)
OCHE ‘E NOTTE (profano)
ISCRAVAMENTU (sacro)
ANDIRA (profano)
BALLU LESTRU (profano)
GROBBES DE S’ANNOSSATA (sacro)
MUTTOS (profano)
BALLU DILLU (profano)
DEUS TI SALVET MARIA (sacro)
Tenores di Bitti “Mialinu Pira“:
Omar Bandinu bassu; Marco Serra contra;
Bachisio Pira oche, mezu oche; Arcangelo Pittudu oche, mezu oche
a cura di Massimo Golfieri, Antonio Are
X con il patrocinio di Institut français Italia
Biglietti
18 €
ridotto 10 €
per studenti dell’Università di Bologna e del Conservatorio di Musica “G. B. Martini” di Bologna
ai possessori della Card Musei Metropolitani verrà applicato uno sconto di 2 € sul biglietto intero
La Biglietteria apre 30 minuti prima dell’orario del concerto
Prevendite
ZAMBONI 53
via Zamboni 53/C, Bologna
t 051 1998 0427
www.zamboni53store.com
www.boxerticket.it
Ghédalia Tazartès
Ghédalia Tazartès è un artista inclassificabile e senza compromessi, un poeta-artigiano autodidatta dei suoni e inventore delle proprie tecniche, che sfida ogni tentativo di categorizzazione. Francese di origini turche, sin dalla metà degli anni ’70 ha costruito un universo musicale nomadico e sui generis (da lui battezzato, per mancanza di definizioni migliori, “Impromuz”) fatto di glossolalie vocali o canti estatici, ritmi primitivi, nastri in loop o crudi montaggi da musique concrète casalinga, passaggi strumentali di musica etnica imitata o inventata, in flussi spesso sconcertanti e paradossali quanto internamente coerenti e affascinanti. Il linguaggio in cui canta è rigorosamente inventato, salvo occasionali passaggi ironici in francese.
Per quasi tre decadi rimasto per lo più noto solo come un’oscura menzione nella leggendaria “lista di influenze” allegate ai primi due dischi dei Nurse with Wound, è solo nella seconda metà degli anni 2000, quando ha deciso di tornare a esibirsi in pubblico e ha ricevuto maggiori offerte discografiche, che il suo nome è stato riscoperto, e da allora ha iniziato a esibirsi nei maggiori festival europei.
Nato a Parigi nel 1947, Ghédalia ha iniziato a cantare all’età di 12 anni dopo la scomparsa della nonna, durante passeggiate solitarie nel Bois de Vincennes. Dal 1974 ha composto musiche per danza, teatro e cinema. Nel ’79 ha pubblicato il primo album Diasporas, registrato nel ’77. Occasionalmente ha anche tenuto concerti e partecipato a spettacoli teatrali; nel 1982 è stato l’attore principale (“Orfeo”) del leggendario spettacolo “Dell’Inferno” del regista André Engel, per il quale compose anche le musiche. Nella danza ha lavorato con il coreografo François Verret per i suoi spettacoli “Fin de parcours”, “Une éclipse totale de soleil” e “Illusions comiques” e altri.
Per il teatro, ha creato tutte le musiche degli spettacoli di Philippe Adrien dall”87 al 2005, presentati al Théâtre de la Tempête, al Théâtre du Vieux-Colombier e alla Comédie-Française (“Aspettando Godot”, “Amleto”, “Re Lear”, “Il malato immaginario”, “Il processo”, “L’Incorruttibile, “Arcadia “, “Le Serve”…). Collabora anche con Muriel Mayette per “Les Danseurs de la pluie”, e Sandrine Anglade per “La Mère confidente” e “Opéra Savon”, sempre allo Vieux-Colombier.
E’ solo dopo il 2004 che Ghédalia decise di tornare sul palco come musicista, esibendosi sia in solo che in collaborazioni, con altri musicisti, come i trii formati con David Fenech e Jac Berrocal, Norscq e Black Sifichi, o Chris Corsano e Dennis Tyfus, e i più recenti duo con l’israeliana Maya Dunietz e trio con Pawel Romanczuk e Andrzej Zaleski.
Ha suonato in festival come Skanu Mezs/Sound Forest (Riga), Why Note? (Dijon), Musraramix (Gerusalemme), Babel (Praga), Experimental Club (Madrid), Gare Aux Oreilles (Le Thor), CTM (Berlino), Terraforma (Milano), Only Connect (Oslo), e nel 2008 è stato invitato a esibirsi in uno dei concerti-evento per la mostra di Patti Smith alla Fondation Cartier di Parigi.
I suoi ultimi lavori sono stati pubblicati da Alga Marghen, Sub Rosa, Von, Monotype e Ultra Eczema.
Tenores di Bitti “Mialinu Pira”
CONTONANNE IN BOLOGNA*
*Su “contone” in dialetto bittese sta a indicare “lo spigolo” tra un viottolo e l’altro del paese, quindi il luogo dove i cantori a tenore improvvisano i canti e dove si riuniscono tra amici per cantare le serenate d’amore alla ragazza amata.
Il canto a tenore è l’espressione etnico-musicale più arcaica della Sardegna centrale ed è la prova dell’esistenza della pratica polifonica in tempi remotissimi, risalente addirittura a circa 4000 anni fa. È realizzato da quattro cantori chiamati Bassu (basso), Contra (contralto), Mesu oche (mezza voce), Oche (voce solista), disposti in cerchio, riproponendo la forma architettonica della antica civiltà sarda, quella nuragica.
Ci troviamo di fronte a un modo di cantare molto particolare soprattutto come emissione vocale, quindi molto interessante dal punto di vista timbrico. Delle quattro voci due sono gutturali: su bassu (basso) e sa contra (contralto), e caratterizzano in maniera peculiare il canto a tenore.
Su bassu con un suono grave, profondo e con un caratteristico vibrato, mantiene la stessa tonalità della voce solista, ovvero la fondamentale su cui si accorda la polifonia del tenore; una quinta sopra si trova sa contra che si caratterizza per un suono più lineare, metallico e meno vibrato.
Contra e bassu procedono in parallelo nella scansione delle sillabe nonsense (bim bam boom) senza che l’una o l’altra voce cambi nota prima del cenno della voce solista.
Sa mesu oche che arricchisce il canto con abbellimenti, fioriture e con le tipiche giratas (virtuosismi vocali), si integra con le due voci gutturali costituendo con queste un originale accompagnamento armonico (detto su tenore) per la voce solista che guida il tenore intonando e cadenzando il canto in modo quasi esclusivamente sillabico.
La natura del canto sembrerebbe strettamente radicata nella vita pastorale, nella solitudine in campagna a stretto contatto con il bestiame e con la natura. Sono proprio gli animali e la natura i più probabili ispiratori di queste quattro voci. È probabile che sa contra nasca dall’imitazione del verso della pecora, su bassu da quello della mucca e sa mesu oche dall’imitazione del suono del vento e del cinguettio degli uccelli.
Nel 2005 l’UNESCO ha dichiarato il canto a tenore Patrimonio Intangibile dell’Umanità.
TENORES DI BITTI “MIALINU PIRA”
Bitti è uno dei paesi in cui si pratica il canto a tenore. Immerso nel centro Sardegna nelle vicinanze di Nuoro in Barbagia, Bitti è il paese di Michelangelo “Mialinu” Pira, antropologo e studioso della cultura bittese, alla cui memoria è intitolato il coro. Il gruppo a tenore “Mialinu Pira” nasce nel 1995 e si esibisce da ormai vent’anni nelle piazze e nei teatri di tutto il mondo.
Il quartetto è composto da Omar Bandinu, Marco Serra, Bachisio Pira e Arcangelo Pittudu, i quali, forti di uno stile meno aspro degli altri stili vocali della Sardegna, sono diventati esemplari ricercatori del proprio patrimonio, impeccabili esecutori dalle eccezionali qualità vocali, raggiungendo un alto livello di esecuzione e stile.
Tra le esperienze più significative si ricorda la collaborazione con il suonatore di cornamusa asturiana Hevia (conosciuto al concerto in Vaticano), con Tom Zè e l’Orchestra Mediterranea di San Paolo del Brasile che ha portato alla realizzazione di un CD e un DVD, e la realizzazione della colonna sonora del film tedesco Meine schöne Bescherung. Altre collaborazioni con la cantante serba Bilja Krstić e con la cantante e violinista ceca Iva Bittova. Nonostante la sua matrice tradizionale il gruppo ha realizzato vari progetti di elaborazione musicale del canto, finalizzati alla valorizzazione e all’utilizzo del Tenore nell’ambito della musica leggera, colta contemporanea e del teatro, registrando diversi CD in Italia e all’estero. Il gruppo inoltre svolge spesso attività didattica presso le scuole e le Università con il compito di diffondere e salvaguardare il patrimonio musicale locale.
I canti a tenore della tradizione bittese si dividono in canti profani e canti sacri.
Canti profani:
- S’Isterrita (la stesura) detta anche oche longa (voce lunga) si canta su testi in versi endecasillabi che compongono terzine, quartine e ottave. L’incipit è come sempre affidato a sa oche che molto liberamente canta da sola i primi versi soffermandosi poi sull’ultima nota in cui la melodia si distende su un’unica vocale del testo per introdurre il coro che, in modo abbastanza omogeneo, canta sillabe nonsense (bimbaraaaa-boom-bam-bom) senza il solista, che nel mentre aspetta e si prepara per intonare i successivi tre o quattro versi. Il canto spesso si conclude con la così detta serrata o girata a corfos (letteralmente colpi articolati dal tenore seguendo l’andamento ritmico di sa oche) dove solista e coro si incontrano. Essa si chiama anche girata a boche ‘e notte quando introduce e si congiunge a tale canto.
- Oche ‘e notte (voce di notte) è sicuramente il canto preferito e più praticato a Bitti. È la classica serenata d’amore. Fino alla fine degli anni cinquanta era consuetudine andare a contonare (cantare nei viottoli del paese) ovvero fare le serenate alle ragazze amate, cantando le loro virtù e doti proprio sotto la finestra della camera da letto. Le donne talvolta apprezzavano tale gesto magari offrendo ai cantori un buon bicchiere di vino, talvolta il tutto si poteva concludere in maniera meno accettabile. Oggi andare a contonare è una pratica ormai in disuso e probabilmente è difficile che una pur splendida esecuzione sul palco ne riproduca il fascino e la suggestione antichissimi. Oltre al tema dell’amore si cantano anche problematiche etiche, religiose e sociali in genere, sempre su versi endecasillabi. All’esposizione di due o più versi da parte del solista risponde il coro che realizza un accompagnamento articolato in corfos, colpi cadenzati da su bassu e da sa contra sul testo cantato da sa oche. In sa oche ‘e notte bittese è tipico l’ingresso un po’ in ritardo di sa mesu oche.
I canti di ballo (sos ballos)
Si chiamano canti a ballos perché generalmente erano destinati ad accompagnare i balli che nelle feste popolari erano talvolta concentrici (a tres pizzas) e duravano anche diverse ore senza interruzione. Perciò il tenore, dovendo garantire un accompagnamento continuo, era costretto a doversi rinnovare di continuo realizzando l’avvicendamento tra più cantori. A causa della durata eccessiva dei tempi di esecuzione il testo spesso non era abbastanza lungo, perciò si realizzò la costante e talvolta ossessiva ripetizione di una stessa frase o di una parte di essa generando il fenomeno della frammentazione e della proliferazione del testo. Questo fa si che anche una poesia di piccole dimensioni possa diventare un canto molto lungo.
I canti a ballos sono quattro:
- Ballu seriu, detto anche a sa seria o boche ‘e ballu, si canta in versi endecasillabi sillabati e l’aggettivo seriu è certamente riferito al tempo (un 6/8) che deve essere moderato. È uno dei più antichi e, assieme alla boche ‘e notte, è il canto bittese per eccellenza. Come negli altri canti è sempre la voce solista che inizia da sola dando la cadenza, la tonalità e all’inizio del quarto verso entra anche il tenore che, intonando sillabe nonsense (bim bam bom), esegue sa girata che viene ripetuta non solo per ogni trasposizione sia ascendente (arziata) che discendente (abbassata) ma a libero arbitrio del solista. La tradizione vuole che nell’incipit il solista inizi il canto aumentando gradualmente il tempo fino a stabilizzarsi, e che la frase di chiusura sia cantata a isterrita.
- Ballu lestru si canta in versi ottonari e l’aggettivo lestru anche questa volta è riferito alla modalità di esecuzione (il tempo è in 3). Infatti lestru, in lingua sarda, significa svelto, veloce. La voce solista intona da sola i primi quattro versi e all’inizio del quinto entra il tenore che, come nel ballu seriu, intona sillabe nonsense e fa sa girata che viene ripresa per ogni trasposizione discendente, ascendente e quando lo riterrà opportuno sa oche.
- Ballu dillu si canta in versi quinari e senari ed è il canto più veloce e ritmato del repertorio; da ciò deriva il suo carattere particolarmente brioso e allegro. Come pure negli altri ballos, anche in questo è la voce solista che inizia da sola dando la cadenza, la tonalità e all’inizio del quarto verso entra il tenore che accompagna intonando sillabe nonsense.
- Ballu a passu torratu è il canto di ballo più lento e si canta in versi ottonari. Tradotto alla lettera significa “passo rientrato”, riferito alla tipica figurazione coreografica secondo cui il passo di ballo torna nella posizione iniziale dopo un precedente spostamento in avanti. Si articola come gli altri ballos.
- Sos Muttos sono indubbiamente una delle forme più caratteristiche. Si articolano nella successione di due parti: isterrita e risposta. S’isterrita è affidata alla voce solista che canta tre versi settenari nella prima strofa e quattro versi nelle tre strofe successive per introdurre poi il coro con le sillabe “aa-sa”; la risposta è affidata esclusivamente al coro che intona alla conclusione di ogni strofa le sillabe nonsense (bim bom baraa roi rimbaram bi ra roi rimbaram bi rara roi rimbaram bi rai bim bam bom).
I testi che vengono cantati nei muttos spesso sono di carattere beffardo, spregevole e scherzoso, oltre che di natura amorosa.
- S’Andira ha la stessa costruzione dei muttos sia per quanto riguarda le rime che per la metrica. L’unica differenza sta nelle sillabe nonsense pronunciate dal coro nel ritornello (assandir’ assandira andir’ andir’ ambò).
Canti sacri:
- Su Nenneddu è un canto natalizio che celebra la nascita del Gesù Bambino chiamato in lingua sarda su Nenneddu. La voce canta due versi senari ripetuti poi assieme al coro.
- Grobbes de su Nennedd, dette anche gosos, sono anch’esse canti in onore di Gesù Bambino. E’ sempre il solista a iniziare, cantando un verso ottonario da solo e uno nuovo con il coro.
- Anghelos cantate celebra la nascita di Gesù e si articola in strofe e ritornelli. Le strofe, composte ciascuna da sei versi senari, sono intonate dal solista che assieme al coro canta anche il ritornello.
- Grobbes da s’Annossata è un canto dedicato alla Madonna dell’Annunziata che si festeggia ogni anno, nel mese di maggio, con processioni e pellegrinaggi in un santuario campestre a una trentina di chilometri da Bitti. Le strofe, composte in versi ottonari, sono intonate dal solista che assieme al coro canta anche il ritornello. Il testo è del teologo bittese Giovanni Proto Arca vissuto nel ‘500.
- S’ Iscravamentuviene per tradizione recitato al Venerdì Santo, la deposizione del Cristo dalla Croce. Successivamente il simulacro viene portato in processione nel letto di morte seguito dalla Madonna Addolorata.
- Deus ti salvet Maria è un canto che racchiude i versi più belli che esaltano in maniera assoluta la figura di Maria, Madre di Gesù. E’ un canto che solitamente viene eseguito solo dai cori polifonici, mai Tenores di Bitti l’hanno voluto riarrangiare e cantare con le voci gutturali, a tenore, pur seguendo la linea melodica dell’originale.
- Su Santu è un canto liturgico di notevole effetto che viene eseguito nel corso della Santa Messa proprio nel momento dell’invocazione del Santo Supremo.
- Su Babbu Nostru è un canto liturgico di notevole effetto che viene eseguito nel corso della Santa Messa nel momento in cui generalmente viene declamata la preghiera del Padre Nostro.
- Su Perdonu è un canto liturgico relativo al momento dell’atto penitenziale. È il secondo canto che viene eseguito nel corso della Santa Messa.
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