giovedì 4 maggio 2017 – ore 21.30 – Centro di Ricerca Musicale / Teatro San Leonardo – BOLOGNA
> Jacques Demierre The Well-Measured Piano (Svizzera) §
Jacques Demierre (Svizzera, 1954)
The Well-Measured Piano (2017); per pianoforte prima assoluta
Breaking Stone (2011); per pianoforte e voce prima italiana
Jacques Demierre pianoforte, voce
musiche di Jacques Demierre
> David Moss + Daan Vandewalle The Goldberg Incantations (Stati Uniti, Belgio) ( )
Daan Vandewalle (Belgio, 1968) / David Moss (Stati Uniti, 1954)
The Goldberg Incantations (2017); prima assoluta
dalle Variazioni Goldberg (1741) di Johann Sebastian Bach
David Moss voce; Daan Vandewalle pianoforte
musiche di Johann Sebastian Bach, Daan Vandewalle, David Moss
testi di David Moss
a cura di David Moss, Daan Vandewalle
§ con il sostegno di Pro Helvetia, Fondazione svizzera per la cultura
() con la collaborazione del Goethe-Institut Mailand
Biglietti
8 €
ridotto 5 €
per studenti dell’Università di Bologna e del Conservatorio di Musica “G. B. Martini” di Bologna
ai possessori della Card Musei Metropolitani verrà applicato uno sconto di 2 € sul biglietto intero
La Biglietteria apre 30 minuti prima dell’orario del concerto
Prevendite
ZAMBONI 53
via Zamboni 53/C, Bologna
t 051 1998 0427
www.zamboni53store.com
www.boxerticket.it
The Well-Measured Piano
L’idea del “Well-Measured Piano” (“pianoforte ben misurato”, ndt.) mi venne qualche anno fa, mentre preparavo un concerto per pianoforte solista al Fuga, il Centro per l’Architettura di Budapest. Avevo passato tutto il pomeriggio a sfogliare libri di architettura in libreria, e stavo iniziando a pensare al mio strumento come a una struttura organizzata geometricamente.
Il rapporto tra la musica e uno spazio architettonico – in quel caso, il pianoforte – non è solo estremamente complesso, ma coinvolge un corpo, la cui posizione nello spazio è cruciale per percepire quella complessità. Un paio di ore dopo, il concerto era iniziato e io mi trovavo seduto di fronte al pianoforte, vivendo una realtà sonica misurabile generata dalla complessa interazione tra il suono e uno spazio architettonico e strumentale.
Suonare il pianoforte mi pone in una posizione estremamente privilegiata, nella quale posso sperimentare l’intenso legame tra suono e spazio. Da un lato, il suono, nel suo propagarsi attraverso le strutture risonanti ed echeggianti dello strumento, dà a me e al pubblico l’opportunità di immaginare uno spazio in maniera piuttosto precisa; dall’altro lato, io sono in grado di sentire ciascun suono del pianoforte perché è contenuto nello spazio dello strumento che sto suonando.
Il “Well-Measured Piano” è un’esperienza sonora e spaziale, un’esperienza di ascolto nella quale ciò che sentiamo è l’architettura dello strumento. È il processo del misurare le aree sonore dello strumento. È un viaggio attraverso la terra del pianoforte, che porta alle nostre orecchie le tracce sonore delle superfici strumentali: voglio solo mappare il territorio del mio strumento.
(Jacques Demierre, marzo 2017)
Breaking Stone
Questa la confessione di Jacques Demierre: “Credo che il mio interesse per il linguaggio, per il parlato, sia all’origine della mia attrazione verso la materia vocale. Quando iniziai a studiare linguistica, fu un vero e proprio shock per me. Da allora non sono più riuscito ad ascoltare allo stesso modo le voci, o qualsiasi altra cosa. È come se ascoltassi tutto attraverso il filtro della capacità umana di comunicare per mezzo della produzione vocale dei suoni. È da qui che nasce il mio interesse per il rapporto tra il suono e il senso, in tutte le sue forme.”
Dare senso a tutti i suoni, poco a poco: Jacques Demierre ha deciso di cimentarsi in questa impresa, prima esplorando l’ampia tavolozza sonora del pianoforte, da cima a fondo; poi nel dedicarsi ad una forma di poesia che colpisce per la bruschezza di parole, sillabe e persino lettere. Con Breaking Stone, il musicista e linguista prosegue la sua ricerca, questa volta attraverso concertati colpi di martelletto e interiezioni. Con la voce amplificata e diffusa attraverso il corpo del piano, pronuncia un testo, di sua composizione, ispirato a un precedente progetto sugli scritti del grande linguista Ferdinand de Saussure, eseguito con Vincent Barras. E improvvisamente il piano si trasforma in una sala operatoria: la voce è modificata, a volte addirittura bloccata o limitata dal suono dello strumento. Il rapporto tra voce e piano non è mai stato così stridente, componendo un vocabolario di suoni estratti da un paziente che è venuto a far curare il proprio silenzio da un dottore-esorcista: Jacques Demierre interpreta entrambi i ruoli.
Con un colpo deciso sul tasto destro, evoca mille lingue – sentite in quante altre vite? – creando formule che richiamano destrezza e compassione; con un accordo supplicante produce onomatopea e punteggiatura. Mettendo in ordine pause per riposare e ritrovare la concentrazione, scopre modi in cui i suoi strumenti possono parlare, al di là delle note e della parola.
C’è una domanda che continuiamo a farci: è il piano che reagisce alla dizione, o è la voce che lo asseconda? Sebbene ci lasci senza una risposta, Jacques Demierre si è certamente liberato del silenzio che pesava su di lui. In quella culla di bambino selvaggio in cui ha trasformato il piano, ora troviamo elementi di una lingua nascosta che ci rimandano ai più antichi esperimenti del linguaggio – come le sonorità di strumenti che potrebbero sembrare appena inventati, e che si chiamano voce e pianoforte.
(Guillaume Belhomme)
Jacques Demierre è pianista, compositore e improvvisatore svizzero residente a Ginevra. Che siano acustiche o elettro-acustiche, scritte tradizionalmente o aperte all’improvvisazione, le sue sperimentazioni comprendono la musica quanto la poesia sonora e le installazioni site specific. Autore di numerosi pezzi per ensemble o voce, oltre ad estendere le possibilità sonore dello strumento-pianoforte, Jacques Demierre interroga anche i modi in cui questo può rapportarsi alla sfera del linguaggio. Ha sviluppato un approccio critico e interdisciplinare al concetto di musica che gli ha dato l’opportunità di lavorare con artisti provenienti dagli ambiti più diversi. Nel campo di un’arte del linguaggio ha suonato spesso in duo con Vincent Barras e collaborato con Chris Mann, Caroline Bergvall, L’Encyclopédie de la parole, e Christian Kesten. Ha lavorato a progetti interdisciplinari con le coreografe Cindy Van Acker e Noemi Lapzeson, e ha suonato in contesti improvvisativi e sperimentali con musicisti come Barre Phillips, Barry Guy, Lucas Niggli, Sylvie Courvoisier, Lauren Newton, Hans Koch, Urs Leimgruber, Stephan Wittwer, Thomas Lehn, Martial Solal, Radu Malfatti, Joëlle Léandre, Axel Dörner, Fritz Hauser, Sainkho Namtchylak, Urs Blöchlinger, Irene Schweizer, Isabelle Duthoit, John Butcher, Brandon Labelle, Jason Kahn, Charlotte Hug, Butch Morris, Roger Turner, Okkyung Lee, Peter Evans, Carlos Zingaro, Gunter Müller, Jaap Blonk, Hann Bennink, Rhodri Davies, Martin Schütz, Paul Lovens, Doro Schürch, Phil Minton, Elliott Sharp ecc..
I suoi album sono usciti per etichette come Tzadik, Plainisphare, Unit Records, héros-limite, Intakt, Creative Sources, Bocian Records, Psi, Victo e Jazzwerkstatt.
The Goldberg Incantations
Daan Vandewalle, pianoforte
David Moss, voce
Musica che ci mostra la struttura del cosmo, e poi va oltre.
Non è questo ciò che tutti vogliono?
Sicuramente, questo è il desiderio di Daan Vandewalle e David Moss. Per questo motivo hanno dato vita a un approccio completamente diverso alle Variazioni Goldberg di Bach: l’intensità e l’immaginazione del pianista contemporaneo Vandewalle incontrano la capacità di story-telling e la performance canora estrema di David Moss in The Goldberg Incantations.
Nessuno ha mai sentito, suonato o immaginato Bach in questo modo: i due super-virtuosi esplorano i mondi che si celano dietro (o oltre) il cosmo di Bach.
The Goldberg Incantations – una performance unica delle Variazioni Goldberg con testi, improvvisazioni, interludi di Vandewalle/Moss –, è allo stesso tempo incredibilmente fragile e fragorosamente sopra le righe (come Glenn Gould, ma nel 2017).
David Moss
David Moss è considerato uno dei cantanti più innovativi della scena musicale contemporaranea. I suoi lavori, dal solo alle performance teatrali, sono stati ospitati in contesti come il Lincoln Center di New York, il teatro La Fenice di Venezia, e il Festival di Brisbane. E’ co-fondatore e direttore artistico dell’ Institute for Living Voice, tramite il quale ha diretto master class, workshop e seminari in diverse nazioni e continenti a partire dal 2001.
Nato a New York nel 1949, esordisce professionalmente come percussionista nell’ensemble di Bill Dixon tra 1971 e ’73 e inizia a pubblicare dischi dal 1977 con un duo con Baird Hershey, ma i lavori che lo fanno notare sono il duo Cargo Cult Revival con Tom Cora dell’83, e Full House dell’anno successivo, nel quale duetta con il gotha della post-improvvisazione newyorchese (e non) come Arto Lindsay, Fred Frith, Bill Laswell, John Zorn, Christian Marclay, Phil Minton e Jamaladeen Tacuma; diversi dei quali si ritrovano assieme anche nell’esordio dei Golden Palominos di Anton Fier, e nella sua Dense Band.
Dall’inizio dei ’90 si trasferisce in Europa, dove collabora con musicisti delle estrazioni più diverse, tra cui Joe Sachse, Roberto Paci Dalò, la Klaus König Orchestra, gli artisti fluxus Henning Christiansen e Ben Patterson, e il compositore e regista teatrale Heiner Goebbels. Fonda i progetti di sperimentazione vocale Vocal Village Project e Five Men Singing (con Koichi Makigami, Phil Minton, Paul Dutton, Jaap Blonk), compone tra gli altri per Asko Ensemble e Arditti String Quartet, e co-firma lavori teatrali con Stefan Kurt e il sound e light artist Hans Peter Kuhn.
Nel 1994 è voce solista nella prima di Surrogate Cities di Heiner Goebbels al Festival d’Automne; nel ’97 prende parte al tour europeo di Escalator Over The Hill di Carla Bley; nel ’99 interpreta la parte di Nino nella prima dell’opera Cronaca del Luogo di Luciano Berio al festival di Salisburgo, dove torna due anni dopo per il Pipistrello di Strauss diretto da Hans Neuenfels; nel 2000 è uno dei solisti in The Adventures of Greggery Peccary di Frank Zappa nella versione dell’Ensemble Modern diretta da Peter Eötvös vista anche ad AngelicA; nel 2003 interpreta la prima di Lost Highway di Olga Neuwirth allo Steirischer Herbst, e nel 2004 il Credo di Andrea Molino presentato a Karlsruhe e come evento per la conferenza dei Premi Nobel per la Pace a Roma. Nel 2015 è al Ravenna festival per la prima di divina.com di Daniele Lombardi sotto la direzione di Tonino Battista, e nel 2016 ha festeggiato i suoi 25 anni di residenza a Berlino curando un concerto per il DAAD MikroMusik Festival, collaborando con l’artista visivo Lillevan, i maghi delle manipolazioni sonore Andreas Bosshard e Sam Auinger, e il virtuoso delle tastiere Daan Vandewalle.
Daan Vandewalle ha studiato al Conservatorio di Ghent (Belgio), dove insegna tutt’ora, con Claude Coppens, e al Mills College (California) con Alvin Curran. Fin dal suo debutto nel 1992 si è fatto notare per l’ecletticità dei suoi progetti, alternando l’esecuzione di opere note e meno note del repertorio contemporaneo ad improvvisazioni con personaggi come David Moss, Fred Frith, Han Bennink, Chris Cutler e Tom Cora nei festival di tutta Europa, e ha persino inciso un brano con i Deerhof per una compilation della Kill Rock Stars. Hanno scritto appositamente per lui Maria De Alvear, Fred Frith, Chris Newman, Frederick Rzewski e altri. Ha eseguito le integrali per pianoforte di Ives e Messiaen, e i concerti per pianoforte di Ligeti, e Lutoslawski. E’ uno dei pochissimi pianisti al mondo ad eseguire l’integrale dell’Opus Clavicembalisticum di Sorabji, e l’estremamente complessa Cogluotobusisletmesi di Clarence Barlow. Ha inoltre inciso le opere complete per pianoforte di Gordon Mumma per la New World, le 1001 Sonatas for violin and piano (22 ore) di Boudewijn Buckinx, e le Inner Cities di Alvin Curran (4 cd Long Distance), eseguite in prima mondiale in una maratona di sei ore a Nantes nel 2003 e in numerose altre città, tra cui il festival di Santarcangelo nel 2006.
Ha eseguito o è stato solista per prime mondiali di composizioni di Joan Godinho, Rolf Riehm, Gordon Mumma, Mateusz Ryzcek, Petr Bakla e Marc Sabat tra gli altri; nel marzo 2015 ha eseguito la prima mondiale del nuovo concerto per pianoforte di Frederic Rzewski A Dog’s Life con l’Asko|Schönberg Ensemble diretto da Peter Rundel.
Accanto al suo lavoro come solista, ha formato un duo con il leggendario pianista australiano Geoffrey Douglas Madge, e duetti con il violoncellista Arne Deforce e la cantante Salome Kammer. Per AngelicA 2015 ha presentato la prima assoluta del suo progetto Nimmersatt, con John Greaves e Chris Cutler.
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