mercoledì 23 ottobre 2019 – ore 20.30 – Centro di Ricerca Musicale / Teatro San Leonardo
JACO PASTORIUS
(1951- 1987)
Jaco the Film
di Mr. Paul Marchand e Stephen Kijak
(Stati Uniti 2014 – v.o. sott. it., 110′)
prima italiana
con Jaco Pastorius, Robert Trujillo, Flea, Wayne Shorter, Sting, Joni Mitchell, Herbie Hancock, Carlos Santana, Peter Erskine, Lenny White, Jonas Hellborg, Geddy Lee, Al Di Meola, Bootsy Collins
Biglietti
5€
“Jaco al suo meglio definisce il significato della parola jazz“. – Pat Metheny
Ci sono pochi musicisti che abbiano cambiato radicalmente il loro strumento, e ancora meno quelli che siano riusciti a trascenderlo del tutto. Jaco Pastorius (1951-1987) è stato capace di entrambe le cose. Nell’arco del solo anno 1976, l’uscita del suo primo Lp come solista e le partecipazioni parallele a storici album di Weather Report, Pat Metheny e Joni Mitchell, ridefinirono istantaneamente, grazie al suo stile melodico personalissimo, il ruolo del basso nella musica di quegli anni. L’impatto che il suo suono ebbe, trasversale rispetto a barriere di pubblico e generi, si può evincere già scorrendo la lista dei musicisti che partecipano al documentario: sono Robert Trujillo dei Metallica (anche produttore), Flea dei Red Hot Chili Peppers, Bootsy Collins dei Parliament/Funkadelic, Geddy Lee dei Rush, e ancora Joni Mitchell, Wayne Shorter, Herbie Hancock, Peter Erskine, Carlos Santana, Sting, Lenny White, oltre ai familiari e agli amici più intimi, a raccontare la luminosa quanto breve parabola della musica, della vita, e in definitiva della fragilità di un grande talento artistico.
Jaco Pastorius inizia a suonare la batteria da bambino, per poi passare, causa una frattura al polso, al basso acustico e poi elettrico. Nel 1969 crea il suo primo gruppo funky, i Woodchuck. La prima occasione importante arriva nel 1974, quando Paul Bley ingaggia lui e Pat Metheny (che aveva conosciuto all’Università di Miami) a suonare per un mese in un jazz club di New York. I quattro, con il batterista Bruce Ditmas, incidono un album interessante (con diverse composizioni di Carla Bley, e una di Annette Peacock), più davisiano che fusion nel senso “ginnico”, che verrà però pubblicato solo nel ’76. Nell’ottobre ’75, grazie a Bobby Colomby dei Blood Sweet & Tears, registra il suo primo album, Jaco Pastorius, che esce nell’agosto ’76 con un prestigioso parterre di ospiti (Herbie Hancock, Michael Brecker, David Sanborn, Wayne Shorter, Don Alias, Michael Gibbs, ecc), e nel quale si mette in mostra anche come compositore e arrangiatore. Nel dicembre ’75 viene chiamato in Germania per incidere per la ECM, in trio con Bob Moses, il primo lp di Pat Metheny, Bright Size Life, che esce nel ’76; nello stesso dicembre ’75 registra due pezzi per Black Market dei Weather Report, che esce a marzo ’76.
Sempre nel ’76, appena ascoltato a casa di Robben Ford l’lp Jaco Pastorius, Joni Mitchell ne rimane così impressionata da convocare il bassista per reincidere con lui quattro brani dell’lp Hejira che aveva già terminato di registrare, tra cui quello che dà il titolo all’album. Prendendo spunto dall’uso della Mitchell di sovraincidere la propria chitarra, Jaco registra quattro parti diverse di basso, che si ascoltano simultaneamente in alcuni punti del brano. Come scrisse Stephen Holden “accanto a Joni, il modo di suonare di Jaco si rivelò pieno di sfumature e finezze, e la loro collaborazione si presentò come un’affascinante conversazione musicale nata da fiducia, rispetto, personalità e umorismo. I due si sfidarono chiaramente a vicenda nel raggiungere nuove vette sperimentali.”
Il loro rapporto proseguì con i successivi album della Mitchell, Don Juan’s Reckless Daughter, Mingus, e per il tour Shadows and Light, tutti segnati da musicisti del “giro” di Jaco come Hancock, Shorter, Metheny, Brecker, Alias e Gibbs. Raccontò poi la Mitchell che Mingus non era affatto convinto di avere un basso elettrico sull’album: “pensava che con uno strumento elettrico non fosse possibile ottenere una vera dinamica, che fosse solo una roba di bottoni premuti. Ma Jaco ottiene più dinamiche di qualsiasi bassista… è fenomenale, è un’orchestra. È una sezione di fiati, una sezione d’archi, è un solista di corno francese – in effetti è così tanto di tutto il resto, che quando hai bisogno di un semplice basso, devi quasi assumere un bassista!”
Il grande successo di pubblico arrivò però entrando come membro permanente dei Weather Report e l’uscita nel ’77 di Heavy Weather, l’album che non solo contiene Birdland (ovvero il più famoso brano fusion di sempre), ma anche composizioni come la sua Teen Town o la A Remark you Made di Zawinul, nelle quali il suo strumento è in primissimo piano.
Finita l’esperienza coi Weather Report nel 1981 per divergenze non solo musicali con Zawinul (già dal ’78 erano iniziati a manifestarsi i suoi problemi di instabilità mentale, esacerbati da alcool e droghe), nello stesso anno con l’aiuto di Erskine termina un ambizioso progetto per big band, Word of Mouth, che passa dal free a Bach ai Beatles, con tra i partecipanti Toots Thielemans, Jack DeJohnette, Hubert Laws, Chuck Findley e Tom Scott (quest’ultimi storici collaboratori della Mitchell), oltre ad Hancock, Gibbs, Brecker, Shorter, Alias ecc. Acclamata dalla critica, la big band va anche in tour in Giappone nel 1982, ed è lì che (dopo un giorno in cui si era rasato i capelli a zero e gettato il suo basso nella baia di Hiroshima) viene diagnosticato come affetto da disturbo bipolare.
L’album Invitation registrato durante quel tour resta l’ultimo uscito a suo nome mentre era in vita; da allora le sue condizioni diventano sempre più erratiche, e nel 1986 viene anche ricoverato in un ospedale psichiatrico per sei settimane, anche se poi si riprende abbastanza da suonare in Europa (a dicembre ’86 è in concerto a Roma con Bireli Lagrene). L’11 settembre 1987, dopo essere stato cacciato dalla security per aver fatto irruzione sul palco durante un concerto di Carlos Santana, viene trovato durante la notte in coma per un trauma cranico provocatogli dalle percosse di un buttafuori di un locale di Fort Lauderdale.
Peter Erskine ha scritto di lui: “Jaco Pastorius è stato sicuramente la stella più brillante nella costellazione di personalità musicali che io abbia mai incontrato, al basso o qualsiasi altro strumento. Entrai nei Weather Report nel 1978 grazie alla sua raccomandazione, basata sul fatto che mi aveva sentito suonare l’anno prima in un jazz club. Era un buon amico. E il suo innato ma anche studiato senso del tempo, così come la sua esecuzione ritmica, erano i più chiari e più articolati immaginabili. Il fatto che Jaco abbia iniziato come batterista quando era giovane, e che fosse un ascoltatore avido e astuto, gli ha dato una comprensione del ritmo che pochi bassisti potranno mai eguagliare. Il riferimento all’ascolto è importante: Jaco contava Frank Sinatra e Bernard Purdie come sue influenze; Bach e Stravinsky erano altrettanto importanti per la sua educazione quanto i bassisti Jerry Jemmott, Chuck Rainey, Ron Carter e James Jamerson. Jaco era istruito ma anche completamente istintivo. Era serio ed era divertente. Poteva suonare ritmi solidi, e poteva “cantare” liricamente sul basso. Allo stesso tempo, la sua abilità con le semicrome non aveva eguali. Era in grado di suonare nello stile di molti dei suoi eroi, eppure ha creato e composto un linguaggio con il suo strumento tanto rivoluzionario quanto evolutivo. E ovviamente, la sua influenza continua a estendersi in lungo e in largo: qualsiasi bassista con cui ho lavorato da quei giorni con i Weather Report, porta il suo segno”.
Walter Rovere
…una rassegna di film,
un “viaggio nella memoria” su compositori scomparsi che continuano a rimanere tra noi…
+
ExtraVoci | Omaggio a Joni Mitchell
dodicesimo anno
Bologna, 23 e 27 ottobre + 3 novembre 2019
un progetto di AngelicA / Centro di Ricerca Musicale
in collaborazione con il
Museo Internazionale e Biblioteca della Musica di Bologna
a cura di Walter Rovere
Questa edizione 2019, come sempre curata dal musicologo Walter Rovere, vedrà la proiezione di film dedicati a Jaco Pastorius e Rashaan Roland Kirk, con un ExtraVoci dedicato a Joni Mitchell (in virtù dell’importante legame professionale con Pastorius – la cantautrice è ampiamente presente anche nel documentario su di lui – ma anche come straordinaria rappresentante della generazione di Woodstock, festival di cui ricorrono i 50 anni e del quale – pur non partecipandovi – scrisse la canzone-manifesto).
Per le proiezioni su Pastorius e Kirk, in prima italiana, i film sono stati tradotti e sottotitolati
appositamente per l’occasione.
Gli appuntamenti con le proiezioni si terranno mercoledì 23 ottobre (Jaco Pastorius) alle ore 20.30 presso il Centro di Ricerca Musicale | Teatro San Leonardo (Via San Vitale 63), poi domenica 27 ottobre (Joni Mitchell) e domenica 3 novembre (Rashaan Roland Kirk) alle ore 17 presso il Museo della Musica (Strada Maggiore, 34).
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