sabato 25 maggio 2019 – ore 18.30 – Basilica di Santa Maria dei Servi – BOLOGNA
> Hermann Nitsch ORGELKONZERT (Austria) prima italiana
Hermann Nitsch organo
assistenti dell’esecuzione all’organo: Josef Smutny, Leopoldo Siano
musiche di Hermann Nitsch
a cura di Leopoldo Siano
Biglietti
10 €
ridotto 5 €
per studenti dell’Università di Bologna e del Conservatorio di Musica “G. B. Martini” di Bologna
ai possessori della Card Musei Metropolitani verrà applicato uno sconto di 2 € sul biglietto intero
La biglietteria apre 30 minuti prima dell’orario del concerto
Prevendite
ZAMBONI 53
via Zamboni 53/C, Bologna
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“non sono un virtuoso dell’organo, ma l’organo è per me lo strumento ideale per mettere in pratica la musica del teatro delle orge e dei misteri. la mia musica fa uso di lunghi suoni tenuti, utilizza blocchi sonori, cluster, lancinanti testure, sia consonanti che dissonanti, fino alla stratificazione rumoristica. tutto ciò che nella mia orchestra è ottenuto tramite archi, fiati, ottoni e sintetizzatori, io posso realizzarlo da solo suonando l’organo. posso produrre suoni acuti e penetranti come anche strutture meditative. posso sia bagordare nelle consonanze tonali che incunearmi in dissonanze. la violenza della nascita delle galassie ci rimanda alle vibrazioni ultramondane che compenetrano ogni cosa. a raggiungerci è la musica prodotta dal movimento dei corpi celesti. l’armonia delle sfere è resa udibile, echeggiando, sibilando. ad esser percepito è il firmamento di keplero, imbevuto di musica radiosa. il fuoco, la luce come origine di tutto si manifesta attraverso il cielo stellato. innumerevoli sistemi solari con i loro pianeti lasciano risuonare il tutto del creato come un coro in giubilo, calmo e ruggente.” Hermann Nitsch (trad. it. di Leopoldo Siano)
TRA RUMORE PRIMORDIALE E ARMONIA DELLE SFERE
Hermann Nitsch (1938) è filosofo, uomo di teatro, pittore – e non da ultimo musicista. Giovanissimo divenne dapprima noto come uno dei principali rappresentanti dell’Azionismo viennese. La sua arte performativa destò non poco scalpore nell’Austria cattolica del secondo dopoguerra. Fu del resto imprigionato varie volte.
A parte il suo storico sodalizio con Brus, Schwarzkogler e Muehl, sin dal principio Nitsch ebbe l’idea di realizzare un teatro totale, grande quanto l’esistenza stessa, un’opera scenica che durasse sei giorni e sei notti, senza interruzione alcuna e che coinvolgesse inoltre tutti i sensi: dove vi fosse qualcosa non soltanto da guardare e da ascoltare, bensì pure da annusare, da assaporare e da toccare – da intuire. Prepotentemente ispirato dai drammi musicali di Richard Wagner e da Alexander Skrjabin (in particolare dal suo incompiuto Mysterium), Nitsch fu da subito in cerca di un’esperienza totalizzante, omnisensoriale, estatico-dionisiaca. Questa visione fu concretizzata a poco a poco, azione dopo azione, raggiungendo il suo punto culminante con l’esecuzione del 6-Tage-Spiel (l’Azione dei 6 Giorni), nell’estate del 1998 al suo castello di Prinzendorf.
Il nome di Nitsch è indissolubilmente legato all᾿OMT da lui fondato: Orgien Mysterien Theater, il ‘Teatro delle Orge e dei Misteri’. L᾿OMT è per Nitsch soprattutto un’impresa filosofica. Ciò che si vede nelle azioni è soltanto la punta dell’ iceberg immenso che si erge al di sotto della superficie di un oceano. La lettura dei suoi testi teorico-poetici (migliaia e migliaia di pagine) può esser fondamentale.
A cosa aspira Nitsch con la sua arte? Ad un accresciuto sentimento di vita; egli desidera che gli uomini si sentano radicati nell’esistenza; attraverso ‘esperienze limite’ vuole intensificare la (apparentemente ovvia) ‘sensazione di essere’. Nitsch vuole risvegliare. Bisogna davvero aprire gli occhi, ma anche le orecchie e tutto il resto: ogni poro cutaneo. Il suo teatro è uno strumento di filosofia pratica, un metodo di risveglio e di Lebensbejahung: un dir di sì alla vita pur nei suoi aspetti più orridi. La tragedia si tramuta in festa.
Nelle sue primissime azioni Nitsch fu attore solista. Lacerava carcasse, si cospargeva di sangue, masticava tulipani velenosi che poi risputava. Egli ha dunque cercato di vivere la propria filosofia, praticandola in prima persona, confrontandosi con l’eccesso, con gli aspetti più scabrosi dell’esistenza: toccare le interiora, il sangue, rovistare nei corpi degli animali morti. È un confronto diretto con ciò che provoca ribrezzo, con l’umido, il viscido, il fetido, con il dolore, la decomposizione, la morte.
Seppur sin da sempre Nitsch desiderasse integrare la musica nel suo progetto teatrale, inizialmente non sapeva come fare. Le sue prime azioni furono perciò ‘mute’. Nonostante egli sia un raffinato cultore dell’arte dei suoni e ascoltatore di raro talento, Nitsch non ha compiuto studi musicali tradizionali: a malapena può leggere le note. Per questa sua incapacità si sentì dapprima alquanto frustrato; ma poi, facendo di necessità virtù, con grande élan cominciò ad integrare nelle sue azioni fracasso strumentale e grida. Appunto queste sono per Nitsch le radici della musica: il grido, espressione eccessiva della voce umana, che sia disperato o osceno, di dolore o di gioia; e il rumore estatico, il baccano dionisiaco. In principio si ebbero soltanto ‘cori di urlatori’ e orchestre bruitistiche, gruppi di suonatori il cui unico compito era di far chiasso, di produrre suoni più forti ed eccessivi possibile (con coperchi di pentole, campanacci, bidoni di latta, cimbalini, ocarine, flauti, violini, tube, tromboni eccetera). Non importava quali note, sufficiente era che provocassero uno stato sonoro estremo, che intensificassero l’azione attraverso il suono.
Azione e musica sono in intimo rapporto di reciprocità: la musica intensifica l’azione, l’azione intensifica la musica. È assai significativo che Nitsch per le sue azioni abbia scritto ‘partiture’. (Per fissare le sue amorfe visioni sonore egli ha ad un certo punto sviluppato una propria notazione grafica su carta millimetrata). Le azioni sono concepite in primis strutturalmente, come blocchi sonori che egli va poi a riempire con determinati gesti ed eventi nello spazio. Se la pittura è la grammatica dell’OMT, la musica ne è la sua sintassi.
Nitsch non ha composto soltanto ‘musica azionistica’, ma anche opere da eseguire in concerto: sinfonie, quartetti d’archi eccetera. Il mondo sonoro di Nitsch affascina per il suo carattere sacral-orgiastico, curiosamente a metà strada tra Anton Bruckner e John Cage.
Tra rumore primordiale e armonia delle sfere: così ho voluto intitolare il mio recente libro sulla musica di Nitsch (Edizioni Morra: Napoli 2018). Infatti in essa non v’è soltanto l’aspetto eccessivo e brutale, ma anche quello contemplativo. L’uno funge da pendant dell’altro. Ciò lo si comprenderà forse al meglio ascoltando la sua musica per organo.
ORGELKONZERT (BOLOGNA 2019)
Proprio a Bologna ebbe luogo una tappa decisiva del percorso musicale di Nitsch. È l’estate del 1977. Nella Chiesa di Santa Lucia, già allora sconsacrata, viene eseguito il Requiem, un’azione concepita da Nitsch in memoria della sua amatissima moglie Beate, scomparsa ancora giovane in seguito ad un incidente stradale. Beate aveva creduto fortemente nell’arte di Nitsch, sostenendola in ogni modo. È lei che, avendo ricevuto una piccola eredità, acquistò il castello settecentesco di Prinzendorf in vista della realizzazione del Teatro delle Orge e dei Misteri.
Quest’azione bolognese fu un vero e proprio punto di svolta per la musica di Nitsch. Fino ad allora egli aveva utilizzato solamente complessi bruitistici e cori di urlatori. Col Requiem comincia invece il suo lavoro con suoni lungamente tenuti. Nitsch racconta che in quell’occasione si sentì come aiutato dallo spirito di Beate: il risultato sonoro fu per lui stesso strabiliante, lo convinse appieno; l’orchestra cominciò a risuonare come se fosse un organo, di certo aiutata dall’acustica della chiesa. Da quel momento i drones (i suoni lunghi e continui, detti altresì ‘bordoni’) sono diventati un elemento immancabile del suo stile musicale.
L’organico strumentale del Requiem è tipico della musica azionistica di Nitsch: fischietti, raganelle, flauti, percussioni, gruppi di fiati; e oltre al suono d’organo tenuto si ha pure l’utilizzo di musiche registrate trasmesse attraverso altoparlanti: Ländler e Schuhplattler (tipiche danze popolari, rispettivamente dell’Austria e della Baviera).
In realtà Nitsch, prima del Requiem, aveva cominciato a sperimentare con suoni tenuti già nel 1966, quando sua moglie Beate, come dono di nozze, gli regalò un armonium, al quale Nitsch usò improvvisare per ore con lunghi suoni continui, ascoltando attentamente ognuno di esso di volta in volta in nuove misture e combinazioni registriche. Fu l’inizio della sua propria drone music. Con questi lunghi suoni tenuti Nitsch vuole evocare la vastità cosmica, la ‘lenta’ rotazione del cielo stellato. Di certo l’idea poetica di fondo delle sue improvvisazioni fu sin da subito l’evocazione dell’armonia delle sfere. Dall’armonio Nitsch è poi passato all’organo – strumento da lui prediletto. L’organo può essere considerato come uno strumento cosmogonico. Sedendo alle tastiere, è come se l’organista ricreasse demiurgicamente il mondo con i suoni, proiettandoli nello spazio primordiale. Il lettore ricorderà la pregevole illustrazione secentesca nella Musurgia Universalis di Athanasius Kircher in cui è rappresentato l’ʻorgano del mondo’ (Harmonia Mundi Nascentis), con sei registri corrispondenti ai sei giorni della creazione.
L’organo è una ‘grande macchina’ sonora, talvolta gigantesca; è l’unico strumento con cui l’esecutore ha non solo a disposizione numerosissime ottave e misture timbriche, ma con il quale è possibile suonare contemporaneamente una ragguardevole quantità di suoni, con mani, braccia e piedi. Inoltre con l’organo i suoni possono essere tenuti a lungo senza particolare fatica, teoreticamente all’infinito. A differenza di quello pianistico, il suono dell’organo non decade, e nemmeno dipende dal fiato o dalla forza muscolare dell’organista. Prima dell’avvento dell’elettricità v’era ancora bisogno di un aiutante che manovrasse per tutto il tempo i mantici così da assicurare il flusso continuo dell’aria, ma da quando gli organi funzionano a motore elettrico la storica figura dell’ ‘alzamantici’ è divenuta obsoleta.
Nitsch usa spesso suonare l’organo con delle tavolette di legno, che gli permettono di pigiare al contempo un gran numero di tasti contigui, dunque di suonare dei massicci clusters e di tenerli a lungo senza sforzo.
Quando si ascoltano i concerti organistici di Nitsch si ha l’impressione di ascoltar lo scorrere del rosso fluido di vita. Il suono cola come sangue – si raggruma e si fa carne. I densi blocchi sonori, seppure statici, all’ascolto attento si rivelano estremamente vivi, come interiora d’animali, pregne di sangue e pulsanti. Nitsch sfrutta appieno i fenomeni acustici che hanno a che fare con la vita interna dei blocchi sonori, per esempio i battimenti dati dalla simultaneità di intervalli molto stretti. Questi clusters d’organo ci appaiono come viscere calde e umide in movimento. (È d᾿altronde interessante notare come il termine ‘organo’ in italiano abbia un significato multiplo – ‘organi’ sono anche polmoni, reni, stomaco, fegato, cuore e cosi via).
Similmente alle sue sinfonie, le improvvisazioni per organo di Nitsch sono parte del suo teatro – ne esprimono l’essenza, in nuce e sub specie interioritatis. Leopoldo Siano,Yerevan, marzo 2019
Hermann Nitsch è nato a Vienna il 29 agosto del 1938. Artista performativo, è stato un prominente rappresentante dell’Azionismo Viennese. Il Teatro delle Orge e dei Misteri, attorno a cui tutto il suo lavoro – sia pittorico che musicale – ruota, è una concezione artistica monumentale che sfida le convenzioni spazio-temporali e si rivolge a tutti e cinque i sensi. La musica costituisce una parte essenziale del suo Gesamtkunstwerk. Nelle sue azioni sono state utilizzate orchestre bruitistiche, cori di urlatori, strumenti elettronicamente amplificati. Oltre alla musica azionistica del Teatro delle Orge e dei Misteri, Nitsch ha realizzato anche parecchie opere autonome, quali per esempio la Sinfonia Islanda, e musica da camera, pezzi per pianoforte e per organo.
Unico artista vivente al quale siano stati dedicati due musei (a Mistelbach, Austria, e a Napoli presso la Fondazione Morra), le sue opere sono presenti nelle più prestigiose collezioni museali del mondo (MoMa, Guggenheim e MET di New York, Tate Gallery Londra, Centre Pompidou Parigi, Stedelijk Amsterdam/Eindhoven, Museum Ludwig, Colonia, MuMok, Albertina e Belvedere, Vienna ecc).
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