martedì 15 giugno 2021 – ore 19 – Centro di Ricerca Musicale / Teatro San Leonardo – BOLOGNA
> Dario Calderone (Italia/Olanda) §
Stefano Scodanibbio (Italia, 1956 – Messico, 2012)
Voyage that never ends (1978-1997)
Dario Calderone contrabbasso
musiche di Stefano Scodanibbio
a cura di Dario Calderone
§ con il sostegno dell’Ambasciata e del Consolato Generale del Regno dei Paesi Bassi
Biglietti
8 €
ridotto 5 €
per studenti dell’Università di Bologna e del Conservatorio di Musica “G. B. Martini” di Bologna
ai possessori della Card Cultura verrà applicato uno sconto di 2 € sul biglietto intero
La biglietteria apre 30 minuti prima dell’orario del concerto
Prevendite
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ATTENZIONE posti limitati – secondo le normative attuali
si raccomanda l’acquisto dei biglietti in prevendita
Voyage that never ends di Stefano Scodanibbio è probabilmente la composizione di maggior rilievo per contrabbasso solo. La durata notevole della composizione (45 min) la associa a quell’universo sonoro in cui c’è un “perdersi”, un farsi attraversare dal materiale musicale in maniera diretta, mettendola pertanto in relazione con la musica popolare di tutto il mondo. L’importanza di questo brano di musica nel panorama contemporaneo consiste proprio in questo: la capacità di parlare a qualsiasi ascoltatore in maniera diretta e “astorica”, pur mantenendosi radicalmente impiantata nella nostra contemporaneità.
Il brano è innovativo anche da un punto di vista tecnico, sia per le nuove possibilità strumentali inventate da Scodanibbio, sia per l’esplorazione scientifica di alcuni fenomeni acustici generati dalle risonanze del contrabbasso, analoga alle sperimentazioni generate negli stessi anni da Arnold Dreyblatt. Voyage that never ends è stato composto tra il 1978 e l’anno della scomparsa dell’autore (2011), sviluppandosi negli anni intorno a un materiale concettuale di partenza. Nonostante il brano abbia avuto centinaia di esecuzioni dell’autore stesso, esso non è stato trascritto in una notazione precisa: l’identificazione dell’autore con il suo lavoro ha in un certo senso reso impossibile una codificazione fissa ed esatta del pezzo, seguendo la regola che dice che ogni formalizzazione di un’idea vivente e pulsante, ne porta inevitabilmente alla morte.
Ho conosciuto Stefano nell’estate del 2003, ed è stato per me un incontro decisivo, in un momento in cui i miei interessi per la musica contemporanea stavano crescendo e mi avrebbero portato di lì a breve ad abbandonare il mondo della musica cosiddetta classica. Ricordo che suonai per lui alcuni suoi pezzi, e ci fu un momento di stupore reciproco, lui perché non aveva mai sentito la sua musica eseguita da altri, io perché proprio non potevo credere che fosse così. Al quel primo incontro ne seguirono molti altri, tra cui collaborazioni importanti come ad esempio l’esecuzione della sua opera (Il Cielo sulla Terra) in giro per il mondo e gli inviti ripetuti alla sua Rassegna di Macerata, a suonare con Terry Riley. Negli ultimi anni della sua vita, quando ormai la sua malattia non gli permetteva più di suonare il contrabbasso, entrambi sentimmo il bisogno di un passaggio finale di conoscenze, soprattutto per quelle che esulano dalla carta scritta; fu così che appresi Voyage that never ends.
Il processo di apprendimento è avvenuto in maniera diretta, partendo da uno studio estremamente puntiglioso delle tecniche impiegate nel brano. Purtroppo la sua morte ha lasciato questo processo di tra-dizione incompiuto, tralasciando l’ultima sezione del brano. Il lavoro di ricerca e di “ricostruzione” delle parti di Voyage che non ho potuto studiare con Stefano, consiste anzitutto nel confronto di diverse registrazioni e video del brano eseguite dall’autore stesso, alla ricerca di una partitura “rizomatica”. Cosa c’è in comune tra queste versioni, e cosa si può definire “testo”, quale l’intentio operis e quale l’intentio auctoris, sono state il mio campo di ricerca e investigazione. Essendo, in questo caso specifico, i due tipi di intentio strettamente correlati, ho cercato di approfondire lo studio di tutti i riferimenti culturali che facevano parte dell’universo personale di Scodanibbio. Studiando Voyage, mi imbattevo in un sistema di apprendimento completamente non lineare, così come lo è stato per l’apprendimento della prima parte, avvenuta con Stefano e attraverso Stefano .
Alcune delle forze del dispositivo-Voyage possono essere descritte come processi di accumulazione o distensione, e seguono strutture ben precise e definite. Le relazioni tra queste forze che a volte si intersecano, stabilisce la mappa del labirinto della mente che lo ha creato. La deliberata scelta da parte di Stefano di non pubblicare una partitura scritta, fa sì che un interprete successivo a lui si debba inevitabilmente tuffare nel mare di questa matassa con gli occhi di un esploratore, intraprendendo così una inesorabile continuazione di un viaggio. Tra-dire un’opera aperta come Voyage that never ends vuole dire entrare nei sistemi mnemonici e nelle strutture cognitive di Scodanibbio, esplorarne il labirinto, e alla fine scoprire il pensiero che ne sta dietro in maniera profonda. Un po’ come le biblioteche di Borges, o il suo famoso Giardino dei sentieri che si biforcano, Voyage è un insieme di possibili conseguenze di un evento, ognuna delle quali a sua volta si ramifica in possibili futuri. Mi piace immaginare che questo brano un giorno possa diventare un rito, una prassi ricorrente: suonarlo, ascoltarlo… perdersi… interrompersi… continuare…
(Dario Calderone)
Stefano Scodanibbio, contrabbassista e compositore (Macerata, Italia, 18.6.1956 / Cuernavaca, Mexico, 8.01.2012), ha studiato contrabbasso con Fernando Grillo, composizione con Fausto Razzi e Salvatore Sciarrino, musica elettronica con Walter Branchi, e storia della musica con Michelangelo Zurletti.
Il suo nome è legato alla rinascita del contrabbasso negli anni ’80 e ’90, ha infatti suonato nei maggiori festival di musica contemporanea numerosi pezzi scritti appositamente per lui da compositori quali Bussotti, Donatoni, Estrada, Ferneyhough, Frith, Globokar, Sciarrino, Xenakis, e John Cage lo definì in un’ intervista il miglior contrabbassista che avesse mai ascoltato.
Ha collaborato a lungo con Luigi Nono (“arco mobile à la Stefano Scodanibbio” è scritto nella partitura del Prometeo) e Giacinto Scelsi. Di particolare rilievo anche le sue collaborazioni con Terry Riley e con Edoardo Sanguineti.
Ha composto più di 50 lavori, principalmente per strumenti ad arco. Attivo nella Danza e nel Teatro, ha lavorato con coreografi e danzatori come Virgilio Sieni, Hervé Diasnas e Patricia Kuypers e con il regista Rodrigo García. Nel 1983 ha fondato e diretto la Rassegna di Nuova Musica di Macerata.
Ha registrato per Montaigne, col legno, Mode, New Albion, i dischi di angelica, Ricordi, Stradivarius, Wergo ed ECM.
Dario Calderone ha studiato contrabbasso con Massimo Giorgi, Franco Petracchi e Stefano Scodanibbio. Da oltre 20 anni si dedica alla diffusione della musica contemporanea, avendo eseguito centinaia di composizioni per contrabbasso solo, in musica da camera e in ensemble, nei maggiori festival del mondo. Tra i suoi progetti solistici spiccano la ricostruzione del celebre Voyage that never ends di Stefano Scodanibbio, e UR, opera di Giorgio Netti, oltre a brani scritti appositamente per lui da compositori come Bernhard Lang, Peter Ablinger, Helena Tulve, Yannis Kyriakides e Peter Adriaansz. Dal 2009 al 2019 è stato il contrabbassista del Nieuw Ensemble di Amsterdam. È membro di Nieuw Amsterdams Peil (NL), Trio Feedback (ES) e dell’ensemble olandese MAZE (assieme a cui ha suonato ad AngelicA nel 2014). Ha inciso diversi album per etichette come Rai Trade, Hat ART, Unsounds, Stradivarius, BIS e Moving Furniture Records. È professore presso l’Accademia di musica contemporanea Impuls di Graz (AU), e collabora con il conservatorio di Amsterdam.
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